L’esercito ucraino ha ricevuto l’ordine di ritirarsi da Severodonetsk. Lo ha comunicato ai giornalisti il governatore della regione di Lugansk. Per l’esercito russo è un altro passo avanti. I soldati di Putin stanno avanzando abbastanza lentamente ma con regolarità. Un mese fa l’impressione della stampa internazionale era che i russi stessero perdendo la guerra. Oggi la situazione è ribaltata. La Russia sta vincendo e l’Ucraina sta perdendo i suoi territori. Uno o due mesi fa la Russia avrebbe probabilmente accettato colloqui di pace in condizioni di debolezza. Oggi le cose son cambiate: nel momento in cui Mosca e Washington decideranno di sospendere le ostilità, Putin potrà avanzare richieste molto più alte ed esose per Kiev.

Ieri anche il New York Times ha sollevato in modo diretto e drammatico la questione dell’impegno dell’America nella guerra. Con un articolo di uno dei più prestigiosi analisti di politica estera, Bonnie Kristian. Il quale sostiene due tesi molto semplici ed allarmanti. La prima è: l’America è già in guerra contro la Russia. La seconda è: non c’è da stupirsi se abbastanza presto Biden manderà truppe in Ucraina.  Kristian fonda il suo ragionamento sui fatti. Si chiede: ma se i Russi avessero rivendicato l’uccisione di vari generali americani, e se avessero affondato la più importante nave da guerra statunitense, noi americani non avremmo forse detto che i russi sono in guerra contro di noi? E allora perché non dovrebbe valere il contrario? Bisognerà ammettere che siamo in guerra.

La seconda domanda, quella sull’invio di soldati, nasce dall’esperienza storica. Kristian ricorda che il presidente Woodrow Wilson nel 1916 escluse in modo categorico la possibile partecipazione degli Stati Uniti alla prima guerra mondiale. L’anno successivo mandò i soldati americani in Europa. E il Presidente Lyndon Johnson costruì la sua campagna elettorale, nel 1964, escludendo l’impegno diretto degli Stati Uniti in Vietnam. L’anno successivo, poco dopo la sua rielezione, iniziarono la escalation militare americana e i bombardamenti massicci su Hanoi. Kristian sostiene che nulla esclude che con Biden stia per succedere la stessa cosa. Anche perché il presidente americano continua, nei suoi discorsi, ad alternare affondi contro Mosca e rapidi ritorni indietro.

Tra gli affondi va calcolato anche l’ultimo, e cioè la promessa di inviare un carico di armi molto potenti, e in grado di colpire a fondo in territorio russo. Difficile dare torto al New York Times. L’America è in guerra. E tuttavia la Russia avanza. E l’Europa? Anche l’ultimo consiglio europeo, che si è concluso ieri, ci ha detto che purtroppo l’Europa non c’è. In politica estera segue Washington a occhi chiusi. E al suo interno discute solo di come attenuare i danni collaterali provocati dalle sanzioni. L’idea di una iniziativa diplomatica forte, di rottura con il tran tran guerresco degli americani, sembra non sfiorare neppure i governanti europei. Draghi compreso. I danni per questa ignavia potrebbero esser irreparabili, nei prossimi mesi e negli anni a venire.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.