La data del rinvio? Il 14 marzo 2023. Se si pensa che è stata decisa il 25 maggio 2021, non si può non strabuzzare gli occhi e rimanere basiti. Vuol dire che bisognerà attendere due anni perché la causa vada avanti e che questi due anni non saranno un termine utile per un atto istruttorio o chissà quale ulteriore accertamento ma saranno due anni di mero rinvio, di pura attesa, la spia di quanto lenta e in affanno sia la giustizia. Il caso riguarda un procedimento in corso dinanzi al Tribunale civile di Napoli. Nasce da un appello proposto dall’avvocato Roberta Foglia Manzillo per l’Agenzia delle entrate che ha impugnato la decisione di un giudice di pace sulla regolarità della notifica di una cartella esattoriale.

Un procedimento, dunque, che si svolge tutto su base documentale e richiederebbe un iter piuttosto rapido. Ma solo nella teoria. Perché nella pratica ci si imbatte nella realtà di un sistema giustizia che ormai, sempre più spesso, non è in grado di dare risposte in tempi ragionevoli. Il fattore tempo resta uno dei nodi della giustizia, non solo a Napoli ma in tutto il Paese. I dati raccolti in un recente report della Direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Ministero della Giustizia quantificano le lungaggini processuali. E se è vero, come dicono tutti i vertici dei distretti giudiziari, tutti i magistrati e tutti gli avvocati, che uno dei maggiori problemi della giustizia è la durata del processo, è anche vero che intervenendo su tale durata si riuscirebbe a risolvere in maniera consequenziale molte altre criticità dei Tribunali. I processi durano troppo e, quando arrivano a sentenza, spesso non contribuiscono a rendere giustizia perché, dopo dieci o venti anni, una sentenza rischia di non essere più giusta.

Se sul fronte penale un processo lento si trasforma in un pregiudizio sociale che anticipa la sentenza e può condizionare la vita dell’imputato, un processo civile lento finisce per costituire un danno non solo per la vita dei diretti interessati, ma anche per le conseguenze che ha sul tessuto sociale ed economico di un territorio, di una città, di una regione, di un Paese. È infatti risaputo che, dove la giustizia civile è tempestiva ed efficace, lo sviluppo, gli investimenti e la crescita finanziaria ed economica di un territorio sono più facili. Secondo i dati ministeriali nel settore civile, nel distretto di Napoli, i procedimenti in materia di civile ordinario, in Corte di appello, sono durati in media 1.368 giorni (cioè tre anni e sette mesi) nel 2020: il dato fa riferimento a un totale di 4.972 procedimenti definiti nel corso dell’anno. E anche per i processi celebrati dinanzi al Tribunale civile, la durata media non si discosta molto, considerato che secondo i dati ministeriali nel 2020 ciascuno dei 38.491 procedimenti definiti nell’anno ha avuto una durata media di 1.127 giorni, quindi circa tre anni e un mese.

Analizzando poi i dati per materia, si nota che la durata media è di circa 494 giorni nella materia del lavoro, 672 giorni in materia di previdenza, 91 giorni per i procedimenti speciali, 105 per volontaria giurisdizione. Un trend che appare abbastanza in linea con quello degli ultimi sette anni, a riprova del fatto che la lentezza dei processi è un problema irrisolto ormai da molti anni. Ed è un problema aggravato dalle carenze di risorse e personale che nel tempo si sono accumulate rendendo sempre più ampio il divario tra il numero di procedimenti in corso e il numero di magistrati e personale amministrativo impiegati negli uffici giudiziari.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).