Ci sono notti magiche anche alla Camera dei Deputati. Capitano, talvolta. Quasi sempre nei dintorni della sessione di bilancio che di per sé distrae e invita a relazioni pericolose che producono effetti che non ti aspetteresti mai. Ad esempio che la Lega voti a favore delle proroga contratti degli “inutili” – secondo la Lega – navigator, e quindi del reddito di cittadinanza. E che i 5 Stelle, paladini dalla democrazia dal basso grazie al mitologizzato web, sputino in faccia ad un norma che, se fosse passata, avrebbe detto basta alla tirannia della raccolta firme per la presentazione delle liste e avrebbe anche dato uno stop alla strapotere delle segreterie politiche nella compilazione delle liste. Più semplicemente avrebbe evitato quelle corse, che spesso finiscono in inchieste della magistratura, tipiche di ogni elezione quando le liste concorrenti devono sottostare a doppi, tripli e anche quadrupli filtri di controllo. E anche così non basta mai. E molte liste finiscono per essere escluse.

Dunque quella che segue è la storia di un’occasione sprecata. Oltre che la fotografia di quanto sia fluido e fuori da ogni previsione lo stato delle alleanze in Parlamento. E se si pensa alle urne quirinalizie, questo è un grosso problema.
Il Pierino di turno è sempre lui, Riccardo Magi (+Europa), boniniano doc, a cui è riuscito già “il colpo di mano” in estate di vedersi approvata la norma per cui si possono raccogliere le firme per i referendum anche in via telematica. È accaduto in estate. Un mezzo blitz che ha prodotto una rivoluzione per cui ben tre blocchi di referendum giustizia, fine vita e cannabis – hanno raccolto in meno di una settimana le firme necessarie per andare all’esame della Cassazione. Costituzionalisti e politologi si sono subito affrettati nel dire che questo avrebbe esposto il bilanciamento dei poteri a derive ed eccessi. Ormai i referendum sono incardinati e, tra i motivi per cui si parla di elezioni anticipate, c’è anche il fatto che in questo modo i referendum sarebbero costretti a slittare.

Magi, dunque. In Commissione mercoledì sera presenta l’emendamento al decreto Pnrr in conversione alla Camera. Ci stanno anche Pd e 5 Stelle. Italia viva è in valutazione. Stando così le cose l’emendamento dovrebbe passare. Il dibattito è acceso: Lega, Fi e Fdi contrari perché “l’argomento esula dal Pnrr”, il tentativo viene giudicato “intollerabile” perché «la raccolta di firme digitale può alterare il corretto funzionamento della nostra democrazia rappresentativa». Pd, M5S a favore. Iv, pur favorevole, suggerisce di non votare una proposta divisiva. Opposti i pareri dei relatori: contrario Roberto Bella di Fi, favorevole il dem Gian Pietro Dal Moro. Contrario il governo. Invece la Commissione, al gran completo nonostante le ore notturne, si spacca a metà come una mela, 19 a 19. Di «grave errore politico» nel proseguire con il voto «tenuto conto della contrarietà manifestata da alcuni gruppi parlamentari» parla Mauro del Barba di Iv che però «è favorevole sul contenuto dell’emendamento».

I 5 Stelle gongolano: la materia si inserisce «pienamente nell’ambito dei servizi digitali» trattati dal decreto e i quattro deputati grillini sottoscrivono la proposta. Trano, Raduzzi, Sodano (Alternativa c’è) anche sono favorevoli. Così stando le cose, fatti due conti, l’emendamento è blindato. E invece, al momento del voto i grillini risultano assenti. Finisce 19 a 19: Pd a favore, Lega-Fi-Fdi contrari, Italia Viva astenuta, Leu assente, 4 deputati del M5S assenti, Coraggio Italia divisa con un voto a favore e uno contrario. Magi non ha dubbi: Lega e 5 Stelle hanno fatto uno scambio. «L’accordo politico e l’esito del voto sono frutto del peggiore consociativismo» denuncia Magi. Lo scambio sarebbe stato tra proroga dei navigator che stava a cuore ai 5 Stelle e firma digitale. Da ricordarsene quando molto presto sentiremo in aula levarsi dai banchi delle destre gli strali contro i navigator. Magi non ha dubbi: «Li hanno salvati loro per avere, in cambio, la bocciatura di uno strumento di democrazia». Che avrebbe azzoppato e non poco il potere delle segreterie politiche.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.