C’è uno strumento pubblico di rendicontazione, non obbligatorio ma facoltativo, che i Comuni potrebbero utilizzare. Solo alcuni, però, lo fanno. È il bilancio sociale. La parola “bilancio”, di solito, spaventa perché fa pensare a un documento contabile puro, composto da migliaia di pagine spesso incomprensibili. Il bilancio sociale, invece, si presta a una lettura e a una comprensione immediate da parte di tutti tutti.

Legge alla mano, il bilancio sociale altro non è che «l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato». Uno strumento, dunque, che avvicina i cittadini alla pubblica amministrazione e, in generale, alla politica: un ottimo antidoto all’astensionismo imperante, troppo spesso generato da promesse elettorali disattese, da programmi irrealizzati e da intenzioni che, per quanto nobili e sincere, finiscono nel dimenticatoio. Concretamente, al cittadino viene consegnato o recapitato digitalmente, a inizio consiliatura, un opuscolo in cui è descritto il “bilancio di mandato”, formato da poche pagine, di facile lettura, con grafica semplice ed esplicativa, dove l’amministrazione in carica, a fronte del programma presentato alle elezioni, illustra ciò che si impegna a fare sulle questioni più importanti nel corso dei cinque anni di governo.

Nel documento l’amministrazione indica le scadenze annuali e, per esempio, quanti asili nido intende aprire nel primo anno, quanti nel secondo e così via. Ogni 12 mesi – ed è qui la parte più importante del bilancio sociale – l’amministrazione rendiconta, sempre con lo strumento dell’opuscolo, i risultati ottenuti nell’anno appena trascorso: per esempio, se l’obiettivo nei cinque anni è quello di realizzare dieci asili nido oppure assumere mille vigili o anche raggiungere il 70% di raccolta differenziata (ogni riferimento a fatti e persone è voluto), nel bilancio sociale del primo anno i cittadini potranno leggere quanti asili nido sono stati realizzati, quanti vigili assunti e di quanti punti è stata incrementata la raccolta differenziata. Nel documento annuale verranno descritti eventuali anticipi o ritardi rispetto al cronoprogramma comunicato nel bilancio di mandato con le relative motivazioni.

L’amministrazione ha così la possibilità di rendere espliciti i risultati della sua attività confrontandoli con gli obiettivi dichiarati, in modo da consentire a tutti – ma in primo luogo a se stessa – di monitorare la qualità del governo. Nel 2017 l’allora assessore Enrico Panini tentò di istituire questo strumento, ma la delibera è rimasta lettera morta perché anch’essa figlia della demagogia demagistriana. Con le mille promesse al vento e la pessima qualità di governo espressa dall’ex sindaco, sarebbe stato impossibile stampare anche una sola pagina dell’opuscolo. Ora Gaetano Manfredi, che in quanto ingegnere è uomo di numeri abituato al confronto tra premesse e risultati, è la personalità ideale per istituire lo strumento “rivoluzionario” del bilancio sociale: sarebbe una rivincita della democrazia e della partecipazione, capace di riportare alle urne tanti astensionisti.