Sono giovani, non studiano e non hanno un lavoro e neanche un futuro: sono i Neet. In Campania un ragazzo su tre fa parte di questa categoria. A rivelarlo è l’ultimo rapporto Bes dell’Istat, secondo il quale la percentuale di Neet, tra i 15 e i 29 anni è del 33% in Campania, ben 10 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Inoltre sono ancora troppo pochi i campani tra i 25 e i 64 anni che hanno raggiunto almeno il diploma (solo il 54%), contro il 71% del Friuli, il 70% di Lazio e Umbria e il 64% della Lombardia. Ma i dati relativi ai Neet rappresentano solo la punta dell’iceberg, il problema dei giovani che non studiano e non hanno un’occupazione ha radici molto più profonde e le prime differenze appaiono chiare già se si esaminano i bambini residenti nelle varie regioni del Paese.

A livello territoriale, infatti, l’inclusione più elevata si osserva nelle regioni del Nord (43% dei bambini di 0-2 anni iscritti agli asili nido nella provincia autonoma di Trento, 41,7% in Valle D’Aosta, 34,5% in Veneto), del Centro (42,6% in Toscana, 32,4% in Umbria e 33,8% nel Lazio) e in Sardegna (28,8% – Figura 2). L’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia ricalca, infatti, la geografia delle disponibilità delle strutture sul territorio italiano, e sconta forti ritardi e disomogeneità territoriali. Dal lato dell’offerta dei servizi per la prima infanzia, ad eccezione del caso della Sardegna, è ancora ampio il ritardo del Mezzogiorno, seppure molte delle regioni di questo territorio registrino, negli ultimi anni, l’incremento più significativo. Nell’anno educativo 2018/2019 sono stati attivi sul territorio nazionale 13.335 servizi per la prima infanzia con una copertura dei posti, rispetto ai bambini residenti fino a 2 anni compiuti, del 25,5%, ancora lontana dal parametro del 33% fissato dall’Ue per il 2013. Partendo dall’infanzia fino ad arrivare alle scuole elementari e medie sono molti i ragazzi che abbandonano la scuola.

La Campania è la terza regione per numero di ragazzi che lasciano prematuramente gli studi, con un tasso di abbandono del 19,1 per cento contro una media nazionale del 14. E, secondo gli ultimi dati disponibili, la percentuale scende al 17 se si considerano i giovani tra 18 e 24 anni. In alcune zone periferiche della Regione, ma anche di Napoli, la quota degli allievi che dicono addio ai professori sale addirittura al 25. E non serve andare a Scampia e pensare alle scene di Gomorra per capire. Basta fare una passeggiata nel centro storico o ai Quartieri Spagnoli per fotografare una realtà triste che non ha bisogno immaginazione: si vedono chiaramente le macerie di uno Stato assente, di famiglie in difficoltà e di bambini che un futuro non riescono proprio a disegnarlo. Solo ieri in Campania sono stati denunciati 12 genitori, i cui 6 figli non hanno frequentato la scuola media, sebbene fossero iscritti, in un periodo che va da settembre a dicembre.

Qualche genitore ha ammesso di avere paura dei contagi da Covid, altri di non essere a conoscenza delle assenze dei figli. E proprio la pandemia ha interferito nel percorso scolastico di moltissimi ragazzi. «L’attuale schizofrenia delle norme anti Covid – spiega il garante campano per l’Infanzia e l’Adolescenza Giuseppe Scialla – nel mondo scolastico provoca problemi che diventano ogni giorno più pesanti per gli addetti ai lavori, per le famiglie e soprattutto per gli studenti ingabbiati in una istruzione intermittente che provoca una pericolosa destabilizzazione nei minori con gravi conseguenze psicologiche ed attitudinali in una regione, come la Campania, già duramente colpita dall’elevato tasso di evasione scolastica e devianza».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.