La prima prova da affrontare, per il governo Draghi, è durissima e decisiva. La Prescrizione. Si tratta di fare una cosa semplicissima eppure ardua: ripristinare lo Stato di Diritto e la Costituzione Repubblicana, sfregiata due anni fa da una riforma voluta dal Governo Conte 1 (e poi confermata dal governo Conte 2) che aboliva la prescrizione dei reati dopo il primo grado. In evidente contrasto con un articolo molto importante della nostra Costituzione, l’articolo 111, che impone la ragionevole durata del processo.

La cancellazione della prescrizione (che è scattata il 1 gennaio dello scorso anno) viola clamorosamente questo principio perché permette ai processi di durare un tempo infinito. Sia che l’imputato sia stato assolto in primo grado sia che sia stato condannato. In teoria (ma anche in pratica) un Pm un po’ accanito (e vi assicuro che non mancano) può inchiodare un imputato che è stato assolto per non aver commesso il fatto, con un ricorso in appello senza scadenza. L’imputato assolto resterà in alcuni casi – non infrequenti – anche tutta la vita nella condizione di imputato, e – in certe condizioni – ne avrà un danno permanente, talvolta gravissimo o disastroso, alla sua attività professionale o imprenditoriale.

Probabilmente andrà in rovina, avrà ripercussioni familiari, sarà esposto a stress o anche a fenomeni devastanti di depressione. Naturalmente, e a maggior ragione, la stessa cosa potrà succedere all’imputato condannato, magari condannato ingiustamente. Si tratta, come vedete, dalla legalizzazione del diritto alla sopraffazione da parte di un nucleo ristretto di cittadini, i Pm, a danno, potenzialmente, di tutti gli altri cittadini. Sopraffazione incontrollata e incontrollabile. Forse succedeva così nel Far West, un paio di secoli fa, ma comunque non era legale. Da noi – oggi – lo è. L’abolizione della prescrizione ha lesionato alla base lo Stato di diritto. E uno stato di diritto lesionato non è una costruzione democratica e tantomeno una costruzione liberale.

In Italia l’istituto della prescrizione era e resta particolarmente importante perché in Italia la durata dei processi è doppia – spesso anche tripla o quadrupla – rispetto a quella degli altri paesi occidentali. Anche negli altri paesi occidentali ci sono svariate forme di prescrizione. In alcuni casi si tratta di prescrizione del reato, in altri prescrizione della pena, in altri ancora limite temporale per l’inizio dell’azione penale. Per molti reati, specie per i reati finanziari, la prescrizione è brevissima. Se fossero applicate da noi alcune forme della prescrizione francese o tedesca o spagnola (prescrizione del reato o della pena) la gran parte dei reati finanziari sarebbero non perseguibili data la durata dei nostri processi.

La prescrizione, a differenza di quello che dicono molti esponenti del partito dei Pm, è a protezione soprattutto dei più deboli. Per una ragione semplicissima: che, percentualmente, tra gli imputati, i più deboli, (i poveracci) sono molti, ma molti di più dei ricchi. E dunque anche i prescritti sono molti molti di più. Anche perché se l’imputato è celebre, o comunque è un politico, spesso la giustizia è più celere. Poiché l’attenzione mediatica è forte, tutto avviene sotto i riflettori. Se l’imputato è sconosciuto il processo può tranquillamente essere infinito.

La domanda è: ma allora una riforma della prescrizione era inutile? La risposta – paradossalmente – è no. La verità è che la prescrizione secondo la legge che è stata in vigore fino al 2020, era eccessivamente lunga. Per molti reati, i più gravi, era superiore ai 30 anni. Per reati anche minori era di 15 o 20 anni. Solo per i reati minimi scendeva a sette anni e mezzo con varie possibilità di essere prolungata. Già quella legge era in contrasto con l’articolo 111 della Costituzione e andava riformata in senso garantista. Purtroppo questa riforma è stata impossibile, per via del vento giustizialista che da diversi anni travolge l’opinione pubblica, e soprattutto travolge i giornali, le Tv e i partiti politici in Parlamento. E travolge la ragionevolezza e il senso di civiltà. L’abolizione della prescrizione varata da 5 Stelle e Lega e poi ratificata dal Pd è stata concepita proprio per dar soddisfazione a questa opinione pubblica, e ai giornali, e alle Tv e ai partiti. Il prezzo pagato è altissimo.

Nei prossimi giorni andrà in discussione in Parlamento un pacchetto di emendamenti, presentati da vari partiti – tra i quali, importantissimo l’emendamento presentato da Enrico Costa – che, se approvati, ripristineranno almeno lo status quo ante. Restituendo qualche speranza allo stato di Diritto. Se saranno approvati, per Draghi poi sarà tutto più semplice sul piano politico. Perché sarà definita la sconfitta del populismo e del super populismo penale e si affermerà il ritorno a una normale dialettica democratica. Altrimenti, per il governo, sarà una orribile falsa partenza.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.