Il vertice di Madrid
Cosa ha avuto Erdogan in cambio del ritiro del veto su Svezia e Finlandia nella Nato

Mille e trecento chilometri di confine Nato in più, a est, quelli di Finlandia e Svezia da ieri ufficialmente nell’Alleanza atlantica. Erdogan che da “problema” diventa soluzione in cambio di un pacchetto tra cui la consegna di caccia F16 direttamente dal Pentagono. La Russia che guadagna tecnicamente lo status di “nemico” in un documento ufficiale della Nato. Spostamenti di uomini e truppe verso i confini est. Con la possibilità che diventino basi militari Nato. E dire che in Italia, solo dieci giorni fa, il problema era se mettere la parola “armi” in una risoluzione di maggioranza.
Come cambia la prospettiva quando si alzano gli occhi dal proprio ombelico e si cerca di avere una visione d’insieme. L’Italia non poteva e non voleva restare fuori o ai margini di questa pagina di storia che è stata scritta nelle ultime 24 ore a Madrid in occasione del Vertice straordinario della Nato. “Atlantismo ed europeismo sono i nostri pilastri in politica estera” furono le prime parola pronunciate da Draghi nel suo discorso di insediamento alle Camere. Era febbraio 2020. E nessuno, allora, pensava che quelle parole sarebbero state così determinanti nel proseguo della legislatura. L’attacco e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha cambiato totalmente la prospettiva geopolitica. Se qualcuno poteva avere dei dubbi, da ieri li può mettere nel cassetto. E per molto tempo anche.
Per capire com’è cambiato il mondo in questi quattro mesi, basta segnarsi alcuni passaggi della conferenza stampa del segretario Nato Jens Stoltenberg. Uno in particolare: “Abbiamo deciso di rinforzare le nostre capacità di difesa e i nostri equipaggiamenti per difendere alcuni specifici alleati attraverso il preassegnamento di truppe in specifici territori. È la prima volta dalla Guerra fredda che abbiamo questo tipo di piani”. Nei documenti finali si parla di un nuovo “concetto strategico” dell’Alleanza. “Stiamo affrontando – scrivono i Capi di Stato e di governo nella dichiarazione finale dei 30 + 2 paesi affiliati – un momento critico per la nostra sicurezza, la pace e la stabilità internazionali. La Nato – precisano all’inizio della Dichiarazione – è un’Alleanza difensiva e non rappresenta una minaccia per nessun paese”. È il fondamento della “nostra difesa collettiva e il luogo per le consultazioni e le decisioni in materia di sicurezza tra gli alleati”. Premessa fondamentale visto che nella parte restante del documento si parla di un’escalation di posture e mezzi in campo come non si sono mai visti dalla fine della Guerra fredda.
Dopo aver sottolineato l’impegno a rispettare il patto secondo cui un membro Nato attaccato militarmente dall’esterno “sarà coerentemente difeso e assistito dagli altri membri dell’Alleanza (come recita l’articolo 5 del Trattato), si spiega perché il contesto della sicurezza “è radicalmente cambiato” e perché questo vertice “segna una pietra miliare nel rafforzamento della nostra alleanza”. Massima fermezza nella condanna della guerra di aggressione della Russia che “minaccia gravemente la sicurezza e la stabilità internazionali”. Non solo: la Russia “ha anche aggravato intenzionalmente una crisi alimentare ed energetica, colpendo miliardi di persone in tutto il mondo, anche attraverso le sue azioni militari”. La strada da seguire è quella di sempre: Mosca deve “immediatamente fermare questa guerra e ritirarsi dall’Ucraina”. La “Bielorussia deve porre fine alla sua complicità in questa guerra”. L’Ucraina sarà “sostenuta con ogni mezzo per garantire la sua indipendenza, sovranità ed integrità all’interno dei confini riconosciuti”.
Dietro i documenti ufficiali e i loro proclami ci sono poi gli accordi bilaterali e gli accordi concreti. Chi dà cosa e a chi. E sono quelli che più di tutti cambiano “il concetto strategico” dell’Alleanza. Le Forze di intervento rapido lungo il confine est della Nato che adesso cresce di 1300 km, passeranno da 40 mila a trecentomila. Mario Draghi, che – casomai ce ne fosse bisogno – continua a far crescere la sua credibilità e affidabilità nella comunità internazionale – parla di ottomila soldati italiani che, se necessario, “sono pronti a spostarsi lungo i confini baltici”. Al momento ce ne sono duemila e saranno mandati in Romania e Ungheria dove l’Italia ha appena assunto il comando Nato. Oltre a questo, gli Stati Uniti hanno comunicato che andranno a rafforzare la loro presenza militare in Europa. In Italia ci saranno 70 militari in più per allestire un nuovo sistema di difesa antiaerea per rafforzare il fianco est dell’Alleanza. Top secret gli accordi raggiunti con Erdogan per convincerlo a dare l’ok all’adesione di Finlandia e Svezia. Si parla di una consegna diretta di caccia F16 decisa direttamente da Biden nel colloquio con il sultano turco. A giorni poi il governo italiano si prepara a firmare il quarto decreto armi: nell’elenco ci sarebbero cannoni FH70 da 155 millimetri e i “vecchi” cannoni M109.
Ovvio con tutti questi dettagli pensare ad una escalation. “Dobbiamo stare pronti – ha replicato Draghi – ma ad oggi non c’è un rischio escalation”. È certamente un momento “importante” perché “l’Alleanza si allarga e la presenza dell’Europa aumenta toccando quasi una corrispondenza tra Ue e Nato. Tutto questo lascia pensare che potranno essere superate anche molte resistenze sulla costruzione di una vera difesa europea”. Mentre Draghi trattava questi argomenti a Madrid, dall’Italia rimbalzava l’eco di retroscena in cui lo stesso Draghi avrebbe parlato con Grillo chiedendo al comico la testa di Conte. Ci vuole veramente tanta fantasia e altrettanta irresponsabilità nel minare il terreno con queste bufale. Così Draghi ha trovato il tempo di telefonare a Conte. E ha voluto dirlo ai giornalisti a Madrid: “Con Conte ci siamo parlati poco fa, abbiamo cominciato a chiarirci, ci risentiamo domani per vederci al più presto”. Il governo non rischia. Parola di premier.
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