Un decreto, a giorni, per obbligare al vaccino il personale sanitario a contatto con i ricoverati e chiudere anche questa polemica stucchevole e sbagliata. La produzione nazionale ed europea dei vaccini “entro 3/4 mesi” per raggiungere quella “autonomia vaccinale” e “sovranità strategica” che è la madre di tutte le conquiste e unica vera assicurazione per la ripartenza dell’Italia e dell’Europa. La riapertura della scuola «fino alla prima media e anche in zona rossa» a partire dal 7 aprile. «Investiamo qui il nostro tesoretto di risultati in miglioramento» ha detto Speranza.

La consapevolezza che non servono concentrazione di potere né il braccio di ferro con le regioni («nulla deve essere obbligatorio nel rapporto Stato-Regione, serve consapevole collaborazione») e neppure politiche di stop all’export dei vaccini perché da tutto questo si esce «insieme, raggiungendo accordi» visto che contenziosi legali in questa fase e su questi temi sono impensabili. E poi «progettare il post pandemia» che è «adesso, o meglio è più vicino di quel che sembra» perché l’Italia, per fortuna, non è solo quello che si vede nelle nostre città che celebrano funerali di saracinesche abbassate e attività chiuse ma anche gente che lavora e produce. «Parliamo di futuro e di politiche economiche ben congegnate nei prossimi sei mesi – indica la strada il Presidente Draghi – perché è qui che si decide la quantità e la qualità dello stimolo dei nuovi investimenti utili alla ripartenza».

Se per Mario Draghi palazzo Chigi è sembrato essere un bunker, almeno in queste prime settimane, possiamo dire che il premier ne è uscito. Esercitando la leadership. Sui temi e nei confronti delle forze che sostengono la sua maggioranza. A Salvini che dice “impensabile” non aprire i ristoranti dopo Pasqua replica con un secco: «Lo decideranno i dati. Che sia desiderabile, non ci sono dubbi». E al ministro del Turismo Garavaglia (sempre Lega) che ha suggerito agli italiani di prenotare le vacanze, manda a dire: «Speriamo, vorrei tanto prenotarle anch’io». Draghi sta esercitando la leadership in Europa dove, a giudicare dal Consiglio europeo di venerdì e dai contatti e dalle scelte di queste settimane, il suo ruolo e la sua autorevolezza si fanno sempre più sentire. La conferenza stampa di ieri, la seconda e ad una settimana di distanza dalla prima, è stata un mix di ironia, pragmatismo, idee chiare e concise e sano realismo senza promesse né facili entusiasmi. Draghi la Sfinge sa sorridere e rispondere a tono. A tutti. A proposito del libro Strage di stato scritto da un magistrato in servizio e con prefazione del procuratore Gratteri in cui si teorizza che il Covid è “un mix di bufale e complotti” e i vaccini “acqua di fogna”, taglia corto: «L’avesse scritto uno scienziato…».

Di ottanta minuti di conferenza stampa restano vari appunti che possono essere suddivisi in due grandi temi: il presente con la gestione del virus; il postpandemia, la ripartenza, il tema che più gli interessa. Il governo sta lavorando, e a giorni sarà pronto, ad un decreto per obbligare il personale sanitario alle vaccinazioni. «È una residua parte del personale sanitario che ha rifiutato» mette le mani avanti il ministro della Salute Roberto Speranza. Purtroppo ne basta uno solo in una Rsa o in un ospedale per infettare i ricoverati. È già successo. E alcuni Tribunali hanno già approvato sospensioni dal lavoro e allentamenti. Il decreto sarà un testo a tre firme, Giustizia, Salute e Lavoro perché il tema è molto divisivo per la politica e per chi è attento al consenso. Per la ministra della Giustizia Marta Cartabia sarà un po’ come giocare in casa. Quando era giudice costituzionale, fu relatrice della sentenza (5/2018) che giudicò costituzionale il decreto Lorenzin sull’obbligo vaccinale per gli under 16. Il decreto era dell’anno prima. L’emergenza molto meno tragica di quella attuale (il populismo no vax di destra e sinistra ci aveva fatto perdere l’immunità di gregge per il morbillo) e l’allora giudice Cartabia spiegò perché «l’interesse dalla salute pubblica deve prevalere sull’autodeterminazione dei singoli». Per la cronaca, il ricorso contro il decreto vaccini era della regione Veneto e del governatore Zaia. Vedremo i modi in cui l’obbligo sarà declinato nella pandemia e rispetto ai lavoratori.

A cavallo tra la gestione del presente e la fase della post pandemia c’è il piano industriale che darà “sovranità strategica” all’Europa e all’Italia nella produzione di vaccini. Persino il ministro Speranza è stato perentorio: «Tempo 3-4 mesi e anche noi avremo il nostro vaccino e saremo in grado di produrlo». Significa mettere in sicurezza i cittadini, al riparo da ciniche guerre commerciali, creare nuovi posti di lavori di qualità, investire sulla ricerca. Per l’Europa significa giocare il proprio ruolo in una nuova guerra diplomatica, quella sui vaccini, dove siamo rimasti pericolosamente indietro dopo Usa, Gb, Cina e Russia. Draghi ha detto di «non aver voglia di trovare i colpevoli» e di guardare al passato. Occorre guardare al futuro. Che «non è il blocco totale dell’export verso paesi fuori dalle Ue la soluzione rispetto ad aziende farmaceutiche che non hanno rispettato i piani». Non si è dilungato sui 29 milioni di dosi di Astrazeneca trovati nella fabbrica di Anagni anche se ha riservato a Big pharma una stoccata micidiale: «È chiaro che qualcuno s’è rivenduto le dosi 3/4 volte». Cialtroni e truffatori.

Così, ha ammesso Draghi, «non se ne esce». La strategia è tutta nel piano vaccini. È il primo dossier aperto appena insediato. Lo ha affidato al ministro Giorgetti che ha lavorato a braccetto con il commissario Thierry Breton. Il risultato sono, al momento, 55 stabilimenti in tutta Europa, tra nuovi e convertiti, dedicati alla produzione di vaccini. Solo in Italia saranno operativi cinque stabilimenti (due nel Lazio, uno a Monza, uno a Ferentino e uno a Lecce) a cui si aggiungerà «entro 3/4 mesi» la produzione del vicino italiano Rehitera. In Europa è prevista una produzione di 2,5 miliardi di dosi entro la fine del 2021. Tutti gli sforzi devono essere messi qua. In questo quadro Draghi manda a dire al governatore De Luca di andarci piano con Sputnik V, il vaccino russo. «Se va tutto bene, Ema darà le autorizzazioni non prima di 2/3 mesi». A quel punto l’Europa e l’Italia non avranno più problemi di vaccini.

Questo è il punto di partenza di Draghi quando dice: «Parliamo di futuro perché il post pandemia è vicino». «Per pianificarlo – ha spiegato – bisogna azzeccare una politica economica ben congegnata per i prossimi 6 mesi. Vale in Italia e in Europa. Parliamo della quantità e della qualità di stimolo che riusciremo a iniettare nell’economia. In Europa occorre fare di più, oggi il pericolo è fare poco, non troppo». Ecco perché ci sarà un ulteriore scostamento di bilancio, a metà aprile, insieme al prossimo Def, Di quanto ancora non si sa. Si sa però a cosa servirà: «Ci sposteremo verso gli investimenti, per creare posti di lavoro, con nuovi progetti nella digitalizzazione, nella lotta al cambiamento climatico. La sfida per questo Governo è attuare il vecchio che va bene e non è stato attuato e aprire il nuovo che serve». La strada per gli eurobond e una politica fiscale comune è lunga ma deve iniziare ora. Non ha parlato invece di rafforzare Next Generation Eu.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.