La Jeep nera si ferma davanti al carcere di Poggioreale. Il neo ministro della Giustizia Carlo Nordio esce affiancato dagli uomini della scorta. Si dirige spedito verso l’ingresso della grande casa circondariale napoletana, la più grande d’Italia e tra le più affollate d’Europa. Il tragitto si consuma in pochi passi, interrotti solo da una brevissima sosta davanti al capannello di giornalisti per annunciare: «Dopo farò una dichiarazione sul sistema carcerario e sul significato della visita, non su altro».

Quindi varca il portone, posa per la foto di rito con il direttore del carcere di Poggioreale Carlo Berdini e il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Lucia Castellano e poi via, che la visita abbia inizio. Il tour dura poco più di un’ora. Al termine il ministro Nordio mantiene la promessa con i giornalisti e si ferma a rendere qualche dichiarazione. «Ho visitato la pizzeria, la falegnameria ma anche una serie di strutture dove i detenuti lavorano. Ho trovato una straordinaria attivazione del lavoro», afferma. Ad ascoltarlo viene da pensare ai dati diffusi dal garante dei detenuti non meno di qualche settimana fa e da alcune associazioni impegnate nella tutela dei diritti nel sistema penale come Antigone: a Poggioreale lavora solo il 13% dei detenuti, solo poche decine di reclusi sugli oltre duemila che ci sono frequentano la scuola, non ci sono mediatori linguistici, gli educatori non arrivano ai venti previsti dall’ordinamento così come mancano alcuni agenti della polizia penitenziaria.

E viene pure da chiedersi se nel suo tour a Poggioreale ci sia stata, oltre alla visita nella falegnameria e nella pizzeria che sono indiscutibilmente realtà valide e da lodare, anche una visita nei padiglioni delle celle senza docce denunciate da Antigone giorni fa o nei reparti superaffollati da detenuti con problemi di tossicodipendenza o di salute mentale i cui drammi sono costantemente denunciati dal garante regionale dei detenuti. Una curiosità che Nordio non soddisfa perché non ne fa cenno. A sentirlo, il ministro, non sembra appena uscito dal carcere simbolo nazionale delle criticità del sistema penitenziario: una struttura vecchia, concepita su un modello di detenzione per nulla finalizzato alla rieducazione e senza spazi della pena adeguati, con ambienti fatiscenti e inviabili che erano da ristrutturare anni fa ma i fondi non sono rimasti bloccati per anni non si sa bene perché, con un alto tasso di sovraffollamento e si potrebbe continuare.

Uscendo da Poggioreale, Nordio concede dichiarazioni della serie: «Sicuramente vi sono molti problemi che sono connessi alla carenza di strutture, di personale e alla carenza più in generale di risorse, però vi è anche un lato buono, l’assoluta professionalità del personale che ho incontrato», afferma. «La mia visita è sintomatica di un’attenzione primaria che ministero e governo dedicano al sistema carcerario. Dobbiamo prendere atto di una formidabile evoluzione sia nell’educazione del personale sia nella formazione verso il recupero del detenuto. Nulla quanto il lavoro e lo sport, sempre nell’ambito della certezza della pena che deve essere eseguita, può recuperare e rieducare il detenuto secondo quando imposto dalla Costituzione».

Ma con i detenuti ha parlato il ministro Nordio? Sappiamo che c’è stata una lieve battitura organizzata dai detenuti di Poggioreale proprio mentre il Guardasigilli visitava la falegnameria e la pizzeria. Più che una protesta forse, un modo per farsi sentire. Sarebbe stato utile raccogliere qualche testimonianza tra chi vive da recluso, no? Eppure era parso di intravedere uno spiraglio di nuova luce nelle parole dette dal ministro nel momento della visita in cui ha incontrato i rappresentanti sindacali della polizia penitenziaria e alcuni operatori del mondo penitenziario. «Sono qui per vedere con i miei occhi», ha detto spiegando di non essere a Napoli per una visita di cortesia né di voler essere come quel generale a cui la truppa risponde sempre che il rancio è buono e la paga ottima. Quello spiraglio di luce era solo un miraggio?

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).