Sono i programmi, il rapporto con l’Unione europea e la scelta delle persone che saranno preposte ai principali Ministeri, innanzitutto al Mef, a dare un segnale fondamentale di quello che potrà essere il nuovo Esecutivo. Per quel che attiene ai programmi, un ruolo centrale occupano la politica del debito pubblico e correlativamente della crescita, da un lato, la posizione sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e, come accennato, il rapporto con le istituzioni dell’Unione, dall’altro. Quanto al Pnrr, modifiche non sono precluse, considerato il tempo intercorso tra la sua elaborazione e le urgenze dell’oggi.

Ma occorrerà verificare quali saranno le variazioni proposte, come esse si inquadreranno nelle linee fondamentali a suo tempo condivise per dare vita alla condivisione di debiti e rischi a livello europeo. Insomma, si tratterà di discutere con la Commissione Ue – la quale ha manifestato in generale la disponibilità piena a continuare nella proficua collaborazione con l’Italia – le variazioni che si intendono apportare, nel presupposto che l’iniziativa dovrà vedere la convergenza di entrambe le parti, a maggior ragione se del Recovery Plan si intenderà fare un esempio per poter sostenere la necessità di avviare una nuova iniziativa della specie, per esempio, concentrata nell’energia.

Come ci si atteggerà nei confronti dell’Unione per la revisione in questione, in questa assai difficile fase, costituirà uno dei banchi di prova della nuova maggioranza e del Governo. L’altra dimostrazione, oltre alla formazione e al sostegno nell’iter parlamentare della prossima legge di bilancio, saranno le proposte che verranno avanzate, dopo aver conosciuto quelle che la Commissione Ue si è impegnata a presentare, per la rivisitazione del Patto di stabilità. Un momento fondamentale, per un giudizio articolato sul nuovo Esecutivo, sarà quello della presentazione alle Camere della molto probabile nuova Presidente, Giorgia Meloni, per l’illustrazione del programma che – stando alle dichiarazioni di questi giorni – sarà di legislatura. È sui contenuti che bisognerà esprimere una valutazione, sul se e come la Presidente renderà possibile una eventuale riconsiderazione da parte di coloro che hanno espresso sin d’ora giudizi critici. Il programma sarà la prova del fuoco e con esso la “squadra” che proporrà alle decisioni del Presidente della Repubblica.

Si torna a parlare di “ tecnici” in alcuni Dicasteri, innanzitutto in quello, accennato, dell’economia. Naturalmente, la disponibilità di personalità di questo tipo a far parte di un Governo di centrodestra, pur senza intaccare l’autonomia dei soggetti coinvolti, tuttavia è pur sempre una forma di adesione senza vincoli all’area di riferimento della maggioranza. D’altro canto, queste personalità dovrebbero avere un peso rilevante nella formazione del programma. Non si potrebbe immaginare che siano investiti della carica, a cose fatte, a indirizzi programmatici definiti, per cui a loro resterebbe solo il compito di realizzare le proposte e legittimare nei confronti dei mercati (per gli aspetti economici) e delle istituzioni internazionali l’agire del nuovo Governo.

Questi problemi, naturalmente, esisterebbero per qualsiasi Esecutivo che volesse coinvolgere tecnici ed esperti, nella misura in cui questi aggettivi siano i soli a caratterizzare la personalità e non anche, come invece é naturale, una visione politica sociale. In ogni caso, anche la scelta di esponenti della specie sarà un segnale per la strada che la Premier e la sua compagine vorranno seguire. In questo quadro, torna nelle cronache l’ipotesi di attribuire al componente dell’Esecutivo della Bce Fabio Panetta la carica di ministro dell’Economia. Si tratta di un personaggio di elevata competenza e capacità tecniche, di non comune esperienza, di alto livello culturale.

Il “cursus honorum” già ricco avrebbe, però, il suo sbocco naturale al vertice della Banca d’Italia, quando cesserà – fine ottobre 2023- l’incarico dell’attuale Governatore, Ignazio Visco. È una posizione nella quale Panetta può meglio corrispondere agli interessi dell’Istituto, dell’Eurosistema , dell’Italia. Da queste ipotesi di nomine, poi, il discorso si allarga alle nomine nelle imprese e negli enti pubblici che il nuovo Governo deciderà alle relative scadenze, da cui si potrà trarre la concezione che esso ha dell’intervento pubblico in economia e del ruolo dei manager. Prima ancora, sarebbe opportuno che si mettesse mano a una organica regolamentazione dei criteri, requisiti e vincoli delle nomine anzidette. Insomma, i prossimi passaggi istituzionali metteranno tutti in grado di esprimere precise valutazioni “per facta concludentia”. La speranza è che vi si possa riscontrare, al di là delle differenze politiche e anche ideali, un servigio al Paese.