Tra due settimane la Giunta Manfredi avrà toccato i suoi primi cento giorni di vita. È presto per un primo, vero bilancio, ma credo sia possibile svolgere alcune considerazioni. Ho da queste pagine, in diverse occasioni, avanzato critiche e riserve su una coalizione estremamente eterogenea (e uso un eufemismo) che racchiudeva ex Dema in quantità ed esponenti noti della destra locale e in cui emergeva la presenza debordante e pervasiva del governatore De Luca. Eppure, mai ho mostrato ostilità preconcetta nei confronti del nuovo corso politico-amministrativo cittadino, riconoscendo al nuovo sindaco appeal e credibilità. La nuova giunta presentava, a mio giudizio, luci e ombre, ma a essa ho augurato una buona e saggia navigazione nell’interesse di noi tutti.

A distanza di tre mesi mi pare che una svolta autentica non si percepisca ancora nella vita quotidiana della città e nell’erogazione dei principali servizi pubblici, dalla mobilità urbana, all’igiene e alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, dalla gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, alla manutenzione di strade ed edifici pubblici, fino alla gestione e alla cura del verde pubblico attrezzato. Devono essere varate e completate nuove nomine, c’è da augurarsi che sia selezionato un management competente e di grande spessore, si faccia presto, perché si percepisce nitida la sensazione che, rispetto all’immobilismo degli ultimi anni di sindacatura de Magistris, non vi sia un cambiamento concreto e tangibile. Nel frattempo, lascia sgomenti la nomina dell’ex direttore generale di de Magistris, Attilio Auricchio, che sarà a capo della struttura tecnica della nuova amministrazione.

È certamente da apprezzare una nuova e migliore capacità d’interlocuzione con il Governo, che ha prodotto il finanziamento-prestito di 1 miliardo e 200 milioni che arriveranno in 20 anni e che dovremo restituire con la vendita di parte del patrimonio e, inevitabilmente, con tasse comunali più alte. Queste misure, nel breve, scongiureranno la dichiarazione di dissesto, ma la condizione finanziaria dell’Ente non ne trarrà un beneficio strutturale e stabile se non ci si mostrerà in grado di affrontare e aggredire distorsioni e criticità endemiche. Dalla ridottissima capacità di riscossione del Comune, in grado di incassare appena il 30% dalle multe e ancora meno dall’occupazione del suolo pubblico, agli sprechi e alle diseconomie nelle politiche relative alla gestione del patrimonio pubblico fino alla condizione drammatica in cui versano le aziende comunali per cui urge un piano di riordino ed efficientamento rigoroso e ambizioso e scelte anche drastiche e impopolari.

Ci sarà bisogno poi di impegnarsi in un confronto dinamico con forze sociali, economiche, intellettuali, accademiche, per presentare progetti e iniziative in grado di intercettare e utilizzare al meglio le ingenti risorse previste per la nostra città dal Pnrr. Napoli ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia in termini di crescita delle diseguaglianze e di aumento delle povertà, risalire la china è possibile ma è impresa molto ardua. Per tale ragione penso sia giusto chiedere al sindaco e all’intera amministrazione, da subito, un deciso e radicale cambio di passo.