Le drammatiche vicende della guerra in Ucraina e l’inattesa impennata dei prezzi dei prodotti energetici hanno ovviamente distolto, negli ultimi giorni, l’attenzione dai problemi della nostra città, che restano immutati, se non addirittura aggravati di giorno in giorno. Il tanto agognato e celebrato Patto per Napoli, poi degradato al rango di un disperato Salva Napoli, non ha ricevuto ancora il sigillo governativo e il sindaco Manfredi teme che i 100 milioni di euro, promessa prima tranche di un contributo ventennale di un miliardo e 300 milioni, non siano disponibili entro il 30 marzo (deadline indicata dalla legge): un evento disastroso che renderà difficile l’approvazione del prossimo bilancio. Ma questo non è l’unico problema.

Manca ancora a questa amministrazione una visione del futuro della città. In questi primi mesi, la navigazione di questa giunta è stata di piccolo cabotaggio, per non dire di semplice galleggiamento, e non certo a vele gonfie nel mare aperto. Eppure, mai come ora, i finanziamenti non mancano, a parte il Salva Napoli, il comune di Napoli dispone dei fondi del Pnrr e altre risorse del fondo complementare finanziato dal bilancio nazionale e di risorse del fondo europeo di sviluppo e coesione. Con questi fondi sono stati finanziati, fino a oggi, progetti per circa 618 milioni di euro nell’ambito delle risorse stanziate dal Pnrr a cui si aggiungono altri 398 milioni di euro provenienti dai due fondi citati. I progetti si indirizzano su diversi obiettivi; dalla necessaria modernizzazione delle infrastrutture al miglioramento dei servizi digitali, dai processi di transizione ecologica, alla gestione dei rifiuti e reti idriche, dal miglioramento della mobilità cittadina (con il completamento e la realizzazione di reti, l’acquisto di treni ecologici e il rinnovo del parco automezzi) alla ristrutturazione di edifici scolastici.

Uno spettro ampio di interventi, ma manca ancora una idea di sviluppo della città a cui collegare in un piano coerente questi molteplici interventi. E senza un piano organico, senza una visione generale di prospettiva, il denaro sarà disperso nei mille cantieri senza migliorare effettivamente la città. L’intervento a mo’ di rattoppo non serve a molto, mentre il nodo centrale da affrontare è quello di dare un ruolo a questa città nel mondo complicato di questo difficile inizio di XXI secolo. Quali sono le leve su cui agire? Il futuro del centro storico, patrimonio dell’Unesco, ridotto ora a un grande albergo per turisti mordi e fuggi e territorio di dominio dei violenti clan di camorra, un destino che è molto lontano dalle sue enormi potenzialità di museo antropologico a cielo aperto, il futuro dell’area di Bagnoli affidata all’ennesimo commissariamento, vittima da anni di avidi burocrati senza idée, ma che come baia naturale potrebbe competere con Port Hercule di Monaco, e aspirare a essere rifugio mediterraneo di yachts di diporto e sede di un turismo di lusso.

E il futuro di Napoli Est, oggi luogo di degrado, ma, come qualche imprenditore intelligente ha compreso, con le potenzialità della più grande area di espansione residenziale della città. Stride quindi con l’abbondanza di fondi, la penuria di idee dei nostri amministratori. Nella sua storia tormentata e tragica, le rinascite di Napoli sono state sempre segnate da grandi svolte urbanistiche. Così fu dopo l’epidemia di colera del 1883, con il Risanamento e la costruzione della Napoli umbertina, fulgido esempio di architettura della Belle Époque, con l’ambizione di competere con Parigi e Vienna. E un sindaco, Nicola Amore, animò quella rinascita. E così, dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella Napoli distrutta, stracciona e affamata, la prima giunta democratica diretta dal sindaco Gennaro Fermariello, concepì in pochi mesi, grazie al suo assessore Ferdinando Isabella, un piano regolatore disegnato intorno alla rinascita del porto e alla costruzione della Via Marittima, che doveva collegare da Ovest a Est la città, sfruttando il litorale come via di comunicazione e garantendo lo sviluppo futuro delle attività portuali (che invece furono strozzate). Così fu per la prima giunta Bassolino, con il fervore di idee che caratterizzò quella stagione politica, quando Napoli tornò a essere capitale, E, come la storia dimostra, se non si hanno idee e ci si limita all’ordinario, questa città cade vittima della inerzia o della speculazione. Dopo Fermariello ci fu Lauro, ma oggi anche un Lauro sembrerebbe un gigante di idee.