Il debito pubblico ha raggiunto la cifra monstre di 2.600 miliardi e il rapporto con il Pil farà lievitare il deficit al 160%; in questo drammatico contesto economico voler ridurre la manovra di bilancio a un problema della sola maggioranza, come ha affermato Vito Crimi, rappresenta il vero limite culturale e politico di un Movimento che non è ancora diventato, e forse non sarà mai, forza di governo.

Per la verità, in due interviste uscite subito dopo la banale affermazione appena riportata del coordinatore dei Cinquestelle, Luigi Di Maio si è dimostrato quantomeno più attento all’apertura fatta da Silvio Berlusconi – e subito raccolta prima da Nicola Zingaretti e, successivamente, da Goffredo Bettini – per condividere con la maggioranza un percorso che aiuti il Paese a superare la più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra ad oggi. Bisogna anzi risalire alla Grande guerra, cioè al 1918, per trovare una montagna del debito pubblico simile a quella che siamo chiamati a scalare adesso. E il problema è proprio questo: Crimi avrebbe probabilmente ragione se quella in discussione fosse una “normale” manovra di bilancio dove “ballano” più o meno una decina di miliardi che si possono gestire alla bell’e meglio con qualche ipotetica entrata straordinaria e un po’ di uscite che la burocrazia si incaricherà di rendere quanto più improbabili possibile.

No, qui – e con i precedenti “scostamenti” di bilancio ai quali Forza Italia ha responsabilmente dato il proprio voto – si tratta di caricare sulle spalle delle prossime generazioni un formidabile fardello di debiti dai quali anche i futuri governi non potranno prescindere. Soldi che servono, oggi, per “ristorare” le numerose categorie produttive paralizzate dal Covid-19 ma che, e questa secondo me è la questione dirimente, serviranno, domani, per “ristrutturare” e rilanciare, su paradigmi completamente diversi, la nostra economia. È importante, probabilmente decisivo per chi dovrà sottoscrivere il debito che Roma emetterà, che programmi di spesa così impegnativi siano condivisi dalla più ampia rappresentanza possibile delle forze politiche presenti in Parlamento per assicurare la necessaria “continuità” alle scelte e ai cantieri che quei fondi attiveranno.

La quota più consistente di questi debiti sarà coperta dal programma Next Generation Eu che, però, Ungheria e Polonia hanno rimesso in discussione perché non gradiscono l’ingerenza dell’Ue nei loro affari interni. Orban e Morawiecki, infatti, non accettano che le misure illiberali e antidemocratiche adottate dai rispettivi governi possano essere un impedimento al loro accesso ai fondi stessi. E così arriviamo a quello che, secondo me è, per Forza Italia, il momento della chiarezza, una sorta di “hic Rodus, hic salta”: da una parte la necessità di riaffermare quel senso di responsabilità verso l’Italia e gli italiani che il partito ha sempre dimostrato in tutti i passaggi più delicati della vita della Repubblica; dall’altra la possibilità di valorizzare fino in fondo la moral suasion esercitata da Silvio Berlusconi nei confronti dei principali leader europei per superare, quantomeno all’interno del Ppe, le obiezioni dei Paesi “frugali” verso un allentamento, speriamo il definitivo superamento, del Patto dì Stabilità (prologo indispensabile a tutte le manovre di bilancio sin qui messe in campo).

Sappiamo che i nostri alleati nel centrodestra non vedono di buon occhio un atteggiamento diverso, in Parlamento, da parte dell’opposizione verso il Governo, ma ricordo a me stessa che fu proprio Berlusconi a lasciare che Matteo Salvini sperimentasse l’alleanza con Giuseppe Conte e i Cinquestelle – peraltro in un contesto incomparabilmente meno emergenziale dell’attuale – subito dopo le elezioni del 2018. Per tacere, poi, della velleitaria quanto reiterata richiesta di ritorno alle urne che accompagna come un mantra ogni intervento dei nostri alleati: davvero qualcuno pensa che esistano le condizioni, anche solo “sanitarie”, per riaprire i seggi? Davvero qualcuno ignora che ad agosto scatterà il semestre bianco per l’elezione del Capo dello Stato e si chiuderanno tutte le finestre per tornare al voto?

Dopodiché c’è l’Europa: un sondaggio sul gradimento degli italiani rispetto all’euro, inteso come moneta comune, reso noto in queste ore, ci dice che due italiani su tre apprezzano le politiche economiche di Bruxelles. All’interno di questo dato spicca il gradimento all’ottanta per cento degli elettori del Partito Democratico e del settantaquattro per cento tra quelli di Forza Italia; gradimento che scende rispettivamente al trentasei ed al quaranta per cento per quelli della Lega e di Fratelli d’Italia. Insomma mi sembra più che evidente che esistano sensibilità diverse, probabilmente non inconciliabili (o almeno così è stato sino a quando la leadership l’ha avuta Silvio Berlusconi), che stanno emergendo e che devono essere gestite nell’interesse prioritario del Paese, magari ricominciando a scrivere centro-destra con il segno di interpunzione.