"Sottorganico non reggiamo turni h24, così fate il gioco dei negazionisti"
Napoli, il Governo nega il collasso e manda in guerra medici e infermieri: “Non ci meritate come soldati”

La Campania resta zona gialla, gli ispettori inviati dal ministro della Salute Roberto Speranza hanno visitato gli ospedali della città (Cardarelli, Cotugno e Ospedale del Mare ) e nelle prossime ore completeranno la loro relazione. La situazione però resta fortemente critica per utilizzare un eufemismo. Non solo i pazienti che muoiono in ambulanza (così come accaduto la scorsa notte all’esterno dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia) ma anche la difficoltà a reperire posti letto di degenze (e non di terapia intensiva) per quei pazienti sintomatici che ogni giorni si presentano al pronto soccorso del Cardarelli, del Cotugno o dell’Ospedale del Mare.
La decisione del Governo di confermare, nonostante i ripetuti appelli lanciati nell’ultimo mese dal personale sanitario (sottorganico e allo stremo), la misura meno restrittiva lascia perplessi. Ogni giorno, vuoi per la psicosi generale, vuoi perché in Campania i contagi sono in crescita costante dalla metà di settembre (e il numero dei sintomatici è in forte aumento stando agli ultimi bollettini), il 118 riceve circa 2mila chiamate mentre sono numerose le persone che, a bordo delle proprie auto o con ambulanza private, si recano all’esterno degli ospedali per essere visitate.
PROBLEMA PERSONALE – Stando ai dati forniti dall’Unità di Crisi nel bollettino di mercoledì 11 novembre (con 3.166 contagiati su 18.446 tamponi processati), in Campania ci sono in terapia intensiva 181 pazienti su 590 posti letto disponibili mentre in degenza ordinaria ci sono 2.077 pazienti su 3.160 posti letto disponibili. Le degenze non sono ancora tutte attivate: gli 85 posti letto del San Giovanni Bosco saranno disponibili a breve in attesa dei lavori di ristrutturazione in corso d’opera così come le disponibilità delle cliniche private. A tutto questo si aggiunte un particolare che in tanti trascurano ma che è fondamentale: medici, infermieri, operatori socio sanitari, operatori del 118 sono sottorganico e questo rende impossibile prestare immediata assistenza a tutti i pazienti che lo richiedono. Un dettaglio, ribadito più volte dallo stesso Governatore Vincenzo De Luca, che forse il Governo trascura.
LO SFOGO – Nelle ultime ore sono diversi gli sfoghi del personale sanitario, stanco di essere preso in giro da politici e nagazionisti di turno. “Ci avete mandati verso un massacro annunciato – scrive sui social una infermiera del Cardarelli -, non meritate questi soldati lasciati solo a combattere un nemico come il Coronavirus. I nostri appelli sono inascoltati, noi siamo decimati perché moltissimi operatori sanitari sono contagiati (chi è in isolamento domiciliare, chi ricoverato) e quelli che restano in prima linea non riescono a coprire turni h24, hanno le ferie sospese e non ricevono nemmeno lo straordinario per le ore in più che fanno”. Molti medici o infermieri infatti sono richiamati in trincea anche a turno finito perché la situazione è al collasso.
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CARDARELLI ULTIMA TRINCEA – Il Cardarelli resta, anche durante la seconda ondata della pandemia, il pronto soccorso-trincea di Napoli. Quello che offre assistenza continua, non si ferma mai e sopperisce alle temporanee mancanze degli altri presidi di emergenza presenti in città e provincia. Ogni giorno sono decine le ambulanze che portano all’ospedale più grande del Sud Italia pazienti positivi, spesso assistiti all’interno del mezzo in attesa di un posto disponibile all’interno. Come è capitato qualche settimana fa a una donna positiva che necessitava di una trasfusione di sangue. Nonostante le chat di alcuni sanitari e qualche media che raccontava delle “porte in faccia chiuse” alla donna sia da parte del ps dell’ospedale San Paolo che Cardarelli, la realtà dei fatti è stata diversa: “L’ho accettata io – spiega al Riformista il medico che era di turno ma che preferisce restare anonimo – e ho avviato il prelievo in ambulanza in attesa che si liberasse il posto all’interno del pronto soccorso poiché la donna era un caso covid accertato e occorreva posizionarla in una zona isolata per non entrare in contatto con i pazienti sospetti o quelli negativi. Poi, intorno alle 21, la paziente è entrata dentro completando la trasfusione”.
“FATE IL GIOCO DEI NEGASTIONISTI” – Dura anche la reazione dell’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate da anni in prima linea per tutelare il lavoro degli operatori del 118 in primis e, più in generale, di tutti i sanitari: “Un anno fa eravamo in 100 (numero di fantasia) a combattere contro l’influenza stagionale, oggi ne siamo in 90 contro una pandemia poiché nessuno ha calcolato che, oltre ad esserci state pochissime assunzioni, molti di noi sono andati in pensione, molti sono morti per Covid, molti sono morti per patologie “no Covid”, molti si sono fatti cambiare di reparto indietreggiando dalla “prima linea” spiega l’Associazione. Adesso “i “negazionisti” ignoranti saranno liberi di scrivere: ‘avete visto? La Campania con la fila di ambulanze fuori ai pronto soccorso è zona gialla? Non era niente vero. Erano lì per sanificare. Girano per napoli con le sirene per metterci paura’. Per noi solo accuse ed aggressioni, eh si quelle ci sono sempre, peccato che i pugni però non sono indirizzati ai veri responsabili di questo “scempio”! Se la prendono con noi”.
Se “i posti letto in rianimazione ci sono, nei pronto soccorso come è la situazione? A marzo era un problema se entravi in ps con un paziente Covid, tutti si spostavano per paura. Adesso entri con un paziente con infarto e non si sposta più nessuno perché sono tutti Covid. E allora che si fa? Lampo di genio: usiamo la tua ambulanza come stanza di isolamento e giù 24/32 ore di attesa. Tanto 24 ore con tuta, mascherina, guanti, calzari, per giunta senza espletare i bisogni fisiologici (altrimenti ci contaminiamo) ci stiamo noi mica i nostri superiori”.
La zona rossa “a nostro parere” andava fatta “un mese fa”. La sanità “fatevela raccontare da chi è in prima linea e da chi ha dovuto fare, almeno una volta al giorno, quella telefonata ad una figlia dicendo ‘mi dispiace ma stamattina suo padre è deceduto'”.
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