Berlusconi è stato escluso dalla corsa alla Presidenza della Repubblica. Da chi? Non la troverete su nessun giornale la verità. Berlusconi è stato escluso dal partito dei Pm che non ha lasciato nessuno spazio di indipendenza e di libera decisione ai partiti di centrosinistra e ai 5 Stelle, e ha esercitato una ragionevole pressione anche su ampi settori del centrodestra. Hanno vinto di nuovo loro, come succede nei momenti decisivi da circa 30 anni.

Berlusconi sarebbe stato un buon presidente della Repubblica? Francamente non lo so. Sono da circa 50 anni un elettore di sinistra e mai e poi mai ho votato per Berlusconi né mai, immagino, potrei farlo. Preferisco che i governi siano guidati da persone di sinistra o di centrosinistra, anche se – devo dire – l’esperienza mi ha insegnato che spesso le politiche più di destra, in Italia, sono promosse dai governi di centrosinistra. I governi Prodi-Treu-Bersani sicuramente, sui temi sociali, sono stati più di destra – per le cose che hanno realizzato – dei governi Berlusconi. Ma questa è una considerazione che non riguarda la scelta del presidente della Repubblica. Se il Parlamento avesse scelto Berlusconi, cioè il più anziano dei leader politici di questi ultimi trent’anni, avrebbe fatto una scelta moderata, conservatrice, liberale, ma non certo una scelta insensata. Ai nastri di partenza di questa competizione c’erano due soli protagonisti di prestigio internazionale e di grande esperienza: Draghi (liberal socialista) e Berlusconi (liberale).

Oggi molti osservatori politici sostengono che sono entrambi fuorigioco e che l’Italia, nei prossimi sette anni, sarà guidata da un presidente di seconda fila. Niente di drammatico, per carità. Non è la prima volta. È stato così con Gronchi, con Leone, con Scalfaro, con Mattarella. Fu così, nelle intenzioni, anche con Cossiga, che poi però si rivelò un leone ribelle, contro ogni previsione. Non è un dramma. Però è interessante cercare di capire come è stata affossata la candidatura di Berlusconi, perché, se si capisce questo, si possono intuire molte cose sul futuro dell’Italia. Facciamo delle ipotesi.

È stata affossata perché era divisiva.
Oggi si usa molto questa parola: divisiva. Dal momento che Berlusconi è stato, e in gran parte è ancora, il leader del centrodestra, di più, il fondatore del centrodestra, è logico che la sua candidatura possa essere considerata divisiva. Devo dire che questa mi sembra l’unica obiezione plausibile: non esclude la possibilità di candidarsi al Quirinale ma può ragionevolmente rendere molto difficile l’elezione. Non riuscì a Moro, a Fanfani, a Forlani. Proprio per quella ragione che erano nomi troppo forti e troppo legati a un partito. Non riuscì neppure a Nenni. Tuttavia bisognerà prendere atto anche del fatto che i presidenti della Repubblica divisivi son stati molti. A partire da Antonio Segni, che si opponeva al nascente centrosinistra e minacciò persino qualcosa di molto simile a un colpo di Stato. E poi Sandro Pertini, capopopolo molto amato dalla sinistra e osteggiato a destra (ma lui invece riuscì a unificare l’opinione pubblica in un periodo di grande conflitto sociale), e Giorgio Napolitano, ottimo presidente, che nel suo passato aveva avuto una robusta candidatura a diventare l’erede di Togliatti, cioè il capo carismatico del Pci ancora stalinista.

È stata affossata perché Berlusconi non possiede le sufficienti doti morali per essere eletto Presidente.
Questa è l’obiezione, un po’ fascista, che viene soprattutto da sinistra (in politica non esistono ossimori) e più ragionevolmente dai 5 Stelle (che un po’ fascisti son sempre stati). Qual è il problema? Ruby, Ruby, ti rispondono. Possibile che non sappiano che Berlusconi è stato assolto almeno quattro o cinque volte nei processi Ruby (a nessuno mai è successa una cosa del genere, anche perché, di solito, si applica la norma che una persona può essere processata una volta sola per un unico reato: norma che è stata largamente bypassata in questo caso)? Oppure ti dicono che è stato mandato a processo quasi 100 volte e non si può mandare al Quirinale un imputato. Già, ma è stato assolto 60 volte e 39 volte i Pm hanno rinunciato a proseguire l’azione penale perché le accuse non reggevano e hanno lasciato che scattasse la prescrizione. C’è una sola condanna, non per un reato commesso da lui ma da una azienda della quale lui era socio di maggioranza ma non era amministratore, e la sentenza, molto discussa e forse preordinata, ora è sotto la lente di ingrandimento della Corte Europea. Allora dico: se c’è una questione morale, meglio mandare al Quirinale uno che vanta 60 assoluzioni, perché è chiaro che lo hanno messo ai raggi X e non hanno trovato niente.

È stata affossata perché non era in grado di garantire una presidenza super partes.
Questo non è vero. È chiaro che Berlusconi avrebbe garantito il massimo equilibrio. E anche che la sua elezione sarebbe stata una assicurazione sulla vita per il Pd. Il quale, probabilmente, se non avesse ricevuto diktat esterni avrebbe visto di buon grado la sua elezione.

Infine è stata affossata per decisione del partito dei Pm.
Che pubblicamente si è espresso attraverso il suo giornale, con una pubblica raccolta di firme, e privatamente con le sue capacità di mettere con le spalle al muro gran parte del Parlamento. Mi pare evidente che la vera ragione dell’uscita di scena di Berlusconi sia quest’ultima. Ne prendiamo atto e basta o ragioniamo sul fatto che ormai la democrazia politica, in Italia, ha le mani e i piedi legati da questa potenza incontrollata e superiore, in grado di decidere ogni cosa della vita pubblica? Di fronte all’evidenza, ci sarà qualcuno, in Parlamento, disposto a combattere almeno un accenno di battaglia per porre fine a questa sciagura? In che modo? Mandando al Quirinale una personalità indipendente e fedele alla Costituzione. Ieri Giorgia Meloni ha proposto l’ex magistrato Carlo Nordio. Magari! Altrimenti scegliete un altro nome simile: Manconi, Bernardini, Violante… Vi sembrano nomi divisivi? No. Hanno avuto guai giudiziari? No. Garantiscono equilibrio? Sì. E allora? Beh, lo sapete perché non potranno mai passare questi nomi: sempre per la stessa ragione, il no del partito dei Pm e di Travaglio.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.