No a Berlusconi al Quirinale, no ad un presunto ‘obbligo’ di precedenza del centrodestra di dare le carte sulla prossima elezioni del capo dello Stato, ma no anche ad un nome alternativo a quello del Cavaliere, che da venerdì è ufficialmente il nome proposto dal centrodestra per il Colle in attesa che Berlusconi “sciolga la riserva”.

È il quadro delineato da Enrico Letta nella all’apertura della riunione della Direzione del Partito Democratico convocata oggi. Direzione nel corso della quale il segretario Dem ha chiarito ulteriormente quanto già ribadito nei giorni scorsi e anche ieri: una convergenza del Pd sul nome di Berlusconi è impossibile.

Dovremo decidere come comportarci se il centrodestra andrà avanti con la scelta — profondamente sbagliata — di candidare il capo politico più divisivo che possa esserci. Perché ogni capo politico è divisivo, ma quando parliamo degli ultimi 25 anni, è difficile pensare a una capo politico più divisivo di lui. È una scelta che ci ha profondamente stupito e anche deluso perché rende le cose più difficili”, ha detto Letta aprendo la direzione del partito.

Un nome però ancora non c’è, anche perché la quadra va trovata non solo all’interno delle tante ‘anime’ del partito, ma anche tra gli alleati, in particolare il Movimento 5 Stelle sempre più spaccato, dove il ruolo di leader di Giuseppe Conte è apertamente in discussione.

Lo chiarisce lo steso Letta nel suo intervento: “Se si dovesse andare alle prime tre votazioni senza accordo”, ha spiegato il segretario, “dobbiamo scegliere se andare lì votando scheda bianca con gli alleati o invece se decideremo tutti insieme di convergere su un nome. E poi dovremo decidere come comportarci se il centrodestra andrà avanti”.

Letta che però fa una sua controproposta al centrodestra, anche se senza lanciare un nome per il Colle. La mossa del segretario è di proporre a tutte le forze politiche “un’iniziativa che crei un patto di legislatura, portando all’elezione di un presidente della Repubblica istituzionale, super partes e di garanzia per tutti, una scelta forte per dare energia e forza” perché “i prossimi 14 mesi dell’azione di governo diano risposte efficaci e che noi usiamo questi 14 mesi per completare alcune fondamentali riforme per la buona politica”.

Quanto a Mario Draghi, secondo Letta il presidente del Consiglio va “protetto”. L’Italia, spiega il segretario Pd, “ha una carta fondamentale, che è la credibilità di Draghi. Proteggere la sua figura perché sia in grado di far sì che dia il meglio per il Paese, è fondamentale”, dice Letta.

Anche da Renzi ‘no’ a Berlusconi

Posizione di Letta che trova parzialmente d’accordo anche Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva ha chiarito infatti la posizione del partito intervenendo su Radio Leopolda, la nuova emittente di partito diretta da Roberto Giachetti. 

L’ex presidente del Consiglio ha dato infatti la disponibilità dei suoi ‘grandi elettori’ a votare un candidato del centrodestrase risponde all’interesse degli italiani”, ma la coalizione di Salvini, Meloni e Berlusconi deve portare un nome diverso” da quello del Cavaliere.

Renzi che evoca anche altri due scenari, oltre a quello dell’elezione di un uomo o di una donna di  centrodestra diverso da Berlusconi. Il primo: “Andare a chiedere all’italiano più forte in questo momento, Mario Draghi, di lasciare la presidenza del Consiglio per andare al Quirinale. Con due possibili strade: un governo Ursula senza Salvini e la Lega o un governo dei leader con tutti i partiti e tutti i leader”.

Il secondo, secondo Renzi, piiù plausibile: “Berlusconi candidato unico del centrodestra per andare all’elezione al quarto scrutinio. Anche qui ci sono due possibilità: non andare in aula, come ipotizzato da Enrico Letta, per chi non sostiene Berlusconi, oppure – è il ragionamento – andare in aula e puntare su un’altra personalità del centrodestra. Se il Pd decide di fare l’Aventino su Berlusconi, come fece il centrodestra su Prodi nel 2013, secondo me non è una buona idea”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia