La ministra della Natalità
Roccella: mi occuperò delle donne non dei gay…

Come si temeva subito dopo la scelta di Eugenia Roccella come ministra della Famiglia, Natalità e delle Pari opportunità, il suo dicastero si afferma come una bandiera ideologica da sferrare contro la comunità Lgbtq+. Ex radicale, ora schierata con le posizioni teocon anche sull’aborto,
Roccella ieri non ha deluso le aspettative e ha chiarito che il suo ministero «è nato sulla spinta del movimento delle donne, ma poi l’ombrello si è allargato, diventando un titolo generico sotto il quale rubricare un po’ di tutto. Io vorrei tornare a occuparmi delle tante ingiustizie che subiscono le donne, che mi sembra non siano affatto diminuite, anzi forse sono aumentate». Come se i diritti fossero divisibili e come se l’origine della discriminazione non fosse sempre la stessa: la cultura patriarcale!
La sua dichiarazione solo a una prima lettura veloce può sembrare una affermazione a favore delle donne. È invece una affermazione che va contro i loro diritti e soprattutto contro le libertà di tutti e tutte. Perché dire che si è fatto troppo per gli altri, quindi per gay, lesbiche e trans significa creare una divisione che ci riporta indietro nella storia. La libertà non si può dividere, non si può basare sulla contrapposizione di un soggetto rispetto a un altro. Anche perché la matrice è la stessa: una cultura sessista che ha teso a normare e a negare i diritti sia delle donne, sia di gay, lesbiche e trans.
Pensare a un soggetto donna come qualcosa di puro, biologicamente fondato, avulsa dalla storia delle lotte fatte insieme anche ai movimenti per diritti lgbtq+, vuol dire riportare indietro le lancette della storia, significa costruire nuovi muri e nuove discriminazioni. Se non si combattono le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, non c’è libertà neanche per le donne eterosessuali, non ci sono diritti neanche per le giovani, non ci sono diritti né libertà per tutte coloro che subiscono violenza. Le parole di Roccella sono un manifesto contro il ddl Zan, cioè contro chi in questi anni ha teso a problematizzare la soggettività attraverso l’introduzione del concetto di “genere”, cioè l’idea che ogni soggetto è attraversato da molte appartenenze fuori dalla cultura binaria e come sia fondamentale l’educazione nel determinare ciò che siamo.
Le sue parole sono un attacco frontale a chi in questi anni ha provato a sradicare la cultura familista che ancora impera nella nostra società e che oggi rischia di essere rafforzata. Il ministero delle Pari Opportunità con l’aggiunta della dicitura Famiglia e Natalità non può che allarmare, perché accosta i diritti alla procreazione, quando la maggior parte dei movimenti femministi hanno teso a separare soggettività e maternità. Ma ci allarma anche perché se c’è un luogo dove oggi le donne sono in pericolo è proprio la famiglia: è lì che subiscono violenza, è lì che una ogni tre giorni viene uccisa. L’idea di Roccella su aborto, libertà e diritti va dalla parte opposta a quanto costruito in questi anni dai movimenti. C’è da preoccuparsi, c’è da combattere.
Forse ha ragione chi dice che la legge 194 non verrà modificata. Ma ci sono molti modi per renderla anche più difficile da applicare, cambiando il senso comune nel Paese e rendendo sempre più complicato l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Roccella continua a battersi anche contro la Ru486, cioè l’aborto farmacologico: dice che sarebbe rischioso per le donne. In realtà quello che dà fastidio è che si possa interrompere una gravidanza senza subire stigma o umiliazioni. Dire, come ha fatto la ministra, che non sia un diritto è un falso: decidere sul proprio corpo non solo è un diritto, ma un principio fondamentale di uno Stato laico.
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