La parola a chi la diplomazia la conosce come le proprie tasche. Fuori dall’improvvisazione e dal battutismo da salotti mediatici. La parola all’Ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, una vita in diplomazia. Nel 2000 è stato ambasciatore d’Italia presso il Comitato per la politica e la sicurezza dell’Unione europea. Ha servito come Vice Segretario Generale della NATO (Segretario Generale Delegato) dal 2001 al 31 dicembre 2007. Ha assunto le funzioni Segretario generale della NATO dal dicembre 2003 al 1°gennaio. 2004. Dal 2009 è membro della Fondazione Italia-USA.

Ambasciatore Minuto-Rizzo, la metto giù un po’ brutalmente: che guerra è quella di Vladimir Putin?
Questa è la domanda madre. C’è qualcosa di molto strano in questo. Nella stessa Russia degli autorevoli esponenti dell’intellighenzia, ad esempio Sergej Karaganov, presidente emerito del Council on Foreign and Defense Policy russo, una persona di altissimo livello che ha l’ “orecchio” del presidente e che è il più noto politico russo; ebbene, una ventina di giorni fa lui ha mandato una lettera ai principali quotidiani mondiali, tra cui il New York Times e il Financial Times, nella quale in buona sostanza diceva: guardate che voi il problema non lo avete capito. Il problema non è l’Ucraina. L’Ucraina non verrà invasa. Il problema è la sistemazione della struttura di sicurezza in Europa centrale, dove, sosteneva Karaganov, la Russia è stata danneggiata e quindi bisogna riprendere le posizioni perdute. Non credo che fosse disinformazia, venendo da una fonte che non sono i servizi segreti, non è la diplomazia, è uno studioso serio. Questo per dire che probabilmente anche loro, i Russi, hanno un po’ improvvisato. Avevano varie opzioni. Alla fine, io credo che la ragione di questa mossa così forte nasca dal fatto che l’ “imperatore” che sta al Cremlino, e che vive un po’ lontano, lo vediamo anche fisicamente in televisione, che ha paura del Covid, uno che non è facilmente avvicinabile, probabilmente pensava che fosse una passeggiata. È una ipotesi che avanzo, è ragionevole pensarlo.

Perché?
Innanzitutto perché capita spesso che ci siano dei movimenti politici che danno alla potenza protettrice, delle informazioni sbagliate. Le faccio un paio di casi storici. Afghanistan, seconda metà degli anni ’70, il partito comunista afghano dice a Brežnev: guarda che qui non se ne può più di questo Re, l’Afghanistan va in malora ma se venite voi sarete accolti con i fiori, acclamati come dei liberatori. L’Unione Sovietica occupò l’Afghanistan e nacque una sanguinosa guerra civile che terminò con il ritiro disastroso delle truppe sovietiche. Primo esempio di disinformazione. Il secondo esempio è quello dell’Iraq e di Bush. Io sono stato alla Nato per tanti anni, e mi ha sempre intrigato cercare di capire perché Bush decise d’invadere l’Iraq quando non era indispensabile. Non era al Qaeda, non era il Nemico. A quanto consta, gli esuli iracheni avevano assicurato l’amministrazione americana che sarebbero stati accolti con i fiori, perché Saddam Hussein era un dittatore odiato dal popolo. Poi abbiamo visto che è andata in un altro modo. Ora, anche qui, sul fronte russo-ucraino, non mi sorprenderebbe se gli elementi filo-russi che ci sono in Ucraina abbiano detto al Cremlino: guarda che questi qui sono quattro scalzacani, arrivate voi, prendiamo il potere e tutto si aggiusta. Tant’è vero che da notizie d’intelligence e di altre fonti attendibili, sembra che i Russi pensavano di risolvere il tutto entro tre giorni. Insomma, una passeggiata. Tenga conto che l’Italia nel 1940 ha fatto la stessa cosa con la Grecia: Galeazzo Ciano aveva assicurato Mussolini che i greci non si sarebbero difesi.

In tutto questo, lei, anche sulla base della sua esperienza diretta, come valuta l’atteggiamento fin qui assunto dall’Occidente, inteso in particolare come Usa, Europa e Nato?
La crisi ha provocato, contrariamente a quello che pensavano i Russi, un ricompattamento dell’Occidente, quasi inaspettato. Guardiamo agli Stati Uniti. Biden non è certo un presidente guerrafondaio, non è più l’amministrazione Bush questa, e Biden sarebbe ben contento di avere un buon compromesso con la Russia se possibile. Ebbene, Biden si è consultato sempre con gli alleati, compreso Draghi, Macron, tutti quanti. Si è sempre coordinato, la risposta è stata progressiva e comune, il rapporto di questa amministrazione americana con l’Unione europea è il migliore che ci sia mai stato, o quasi, nella storia. E l’Ue si è a sua volta ricompattata e coordinata. I Polacchi che facevano i sovranisti, hanno capito che è meglio non esserlo, che è meglio stare con la vecchia, brutta, stupida Europa, che fare la guerra ai Russi. La stessa Ungheria, che all’inizio ha esitato ma poi è finita nella parte giusta. Non mi sembra che in questo caso si possano fare critiche all’Occidente. E questo riguarda anche la posizione italiana, anche se…

Anche se, Ambasciatore?
Non so perché all’estero venga considerata da molti una posizione debole. Erroneamente. Perché l’Italia ha sempre fatto tutto quello che doveva fare. In alcune capitali europee, passa per essere un Paese di retroguardia, invece l’Italia aderisce a tutte le sanzioni e ha un comportamento, secondo me, molto corretto.

Dalla capitale ucraina sotto attacco, il presidente Zelensky ha affermato “Resto a Kiev, non ho paura di nessuno”. Per poi aggiungere “Questo conflitto scatenerà la guerra mondiale”. Cos’è, un appello disperato all’Occidente o cos’altro?
È un appello disperato all’Occidente. Di questa crisi noi abbiamo visto e analizzato fin qui la parte russa. Quanto alla parte ucraina, essa sta dimostrando una capacità di resistenza assolutamente insospettata. Stiamo parlando di una dimensione statuale abbastanza recente, di un Paese nuovo che ancora non si è completamente strutturato. La resistenza è davvero una questione popolare. In questo senso, credo che i Russi creeranno una barriera di odio con l’Ucraina, con quei bombardamenti indiscriminati. La resistenza dell’Ucraina è una novità. Resta il fatto che l’Ucraina è inferiore alla Russia, perché è più piccola, meno organizzata, ed è chiaro che chi è maggiormente in difficoltà chieda aiuto agli amici, che siamo noi.

E gli amici che fanno?
Io credo che noi dobbiamo essere molto attenti. Ed avere molta freddezza e saggezza nello stesso tempo, cioè cercare di guardare veramente qual è il bene comune. Non è facile, tante sono le spinte, gli interessi e le emozioni in ballo. Dare assistenza all’Ucraina di tipo umanitario non vale la pena neanche di parlarne, è ovvio. Dal punto di vista tecnico, anche. Da quello militare bisogna invece stare attenti, secondo me. Se uno dà all’Ucraina armi difensive, fucili, bombe a mano, mezzi che servono per difendersi, probabilmente fin lì passa, forse. Ma se uno comincia a dare armi offensive, missili, jet, artiglieria pesante…, allora è una dichiarazione di guerra alla Russia. Che a sua volta, stretta in un angolo perché le cose vanno male, sarebbe forse contenta di allargare il conflitto. Bisogna stare molto, molto attenti e soprattutto tenere calmi i nostri amici Polacchi, Baltici, perché non si scherza.

Fin qui si è parlato di geopolitica, di strategie militari, di alleanze. Ma in questa vicenda, Putin ha fatto entrare anche altro. Nei suoi discorsi ha evocato la Grande Madre Russia, ha esaltato il panslavismo, ha fatto riferimento alla guerra patriottica contro i nazisti. Le chiedo: c’è d’aver paura quando un autocrate veste i panni dello storico, volendo riscrivere la storia?
Sì, c’è d’avere un po’ di paura. Ricordiamoci una cosa secondo me importante. Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica in maniera improvvisa tra l’altro, c’era il trattato Molotov-Ribbentrop violato dalla Germania nazista. Il 22 giugno del 1941 Hitler dette il via all’Operazione Barbarossa, invadendo l’Urss, spiazzando i Russi. Le cose andarono male per diversi mesi. E allora lì Stalin fece lo stesso discorso che sta facendo Putin adesso. Lasciò da parte il comunismo, i Soviet, e disse dobbiamo difendere la Patria. Perché è la Grande Madre Russia che viene attaccata e messa a rischio. È un discorso che un po’ sta rifacendo Putin, perché evidentemente vuole avere l’opinione pubblica completamente dalla parte sua.

Quella di Putin è anche una corsa contro il tempo. Il blitzkrieg è fallito. Se le sanzioni, come sembra, stanno mordendo l’economia russa, questo non può finire per incrinare dall’interno il regime “putiniano”?
Questo è possibile. Normalmente non sono immediate queste cose. C’è una cosa che miei amici russi mi hanno detto in questi giorni e che mi pare sia stata poco notata in Europa…

Vale a dire?
Mi dicono che Mosca sta diventando una città spettrale. Perché le grandi aziende occidentali, le grandi firme del lusso, francesi, italiane, americane, stanno tutte lasciando la Russia. I grandi ristoranti stranieri stanno chiudendo, e mi dicono che Mosca sta ridiventando una città molto triste. Quelli che portano l’immagine del lusso, del benessere, in gran parte se ne vanno. E questo è un problema per loro. Tutto ciò non produce però un effetto immediato. Il grande rischio è che se Putin si vede alle strette, se le cose si trascinano un altro mese e comincia ad esserci un borbottio interno, è un problema per lui ma non solo per lui. Ricordiamoci che i soldati russi per metà sono di leva e scrivono alle famiglie, non si tratta di professionisti. A quel punto potrebbe esserci la provocazione e un allargamento del conflitto come salvezza sua, di Putin. Per questo occorre che l’Occidente sia molto fermo, ma anche molto moderato. Ci dispiace di non poter dare gli aerei da combattimento all’Ucraina ma non glieli possiamo dare, perché altrimenti vorrebbe dire che facciamo la Terza guerra mondiale. E quindi perderemmo l’Ucraina assieme a tutti noi. E questo non va bene.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.