I casi sono due: o tutti noi avevamo ricordi sbagliati sull’ex magistrato Carlo Nordio – sulle sue convinzioni, sulle sue idee, sulla sua cultura giuridica – oppure l’ex magistrato Carlo Nordio, che ora è diventato ministro della Giustizia, ha subito, abbastanza di recente, qualche shock che ha ribaltato tutte le sue idee.

Lo conoscevamo come garantista di prim’ordine, liberale, difensore strenuo dello Stato di diritto, e anche per questo non riuscivamo a capire perché Silvio Berlusconi si opponesse alla sua nomina a ministro della Giustizia e chiedesse che ministro (o ministra) diventasse la Elisabetta Casellati. Evidentemente Berlusconi sapeva molte più cose di noi su Nordio. Ed altrettanto evidentemente noi del “Riformista” ci siamo sbagliati clamorosamente, nei giorni scorsi, a scrivere ripetutamente che la nomina di Carlo Nordio era l’unica cosa da salvare del governo Meloni.

È successo che la svolta garantista che ci aspettavamo non c’è stata e invece, come un fulmine a ciel sereno, è avvenuta una svolta giustizialista che chiude l’epoca Cartabia e torna, ma ancora più sfacciatamente, all’epoca di Bonafede. Ieri, quando abbiamo letto che Nordio andava a visitare il carcere di Regina Coeli e poi quello di Poggioreale, avevamo sperato che finalmente pronunciasse qualche frase liberale. Chiudendo la settimana nera della legge anti-raduni, della conferma degli ergastoli e delle norme speciali per i reati contro la pubblica amministrazione (bidello o mafioso per me pari sono…) e del rinvio dell’entrata in vigore della riforma della giustizia varata dal precedente governo.

E invece Nordio è andato a Poggioreale a Regina Coeli e non ha promesso, come ci aspettavamo, riduzione delle pene, fine della moltiplicazione dei reati, scarcerazioni, pene alternative, freno alle misure cautelari. No. Ha detto: costruiremo più carceri e carceri più grandi, anche a costo – a Roma e a Venezia – di rovinare il patrimonio archeologico. Più carceri, più pene, più reati, più prigionieri, meno archeologia e storia. Ecco a voi servita la svolta. Voglio vedere chi ha il coraggio di sostenere che la nostra definizione della politica giudiziaria del nuovo governo (“fasciogrillina”) sia una esagerazione.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.