Il successo è la capacità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo, sosteneva Winston Churchill. Questo sembra ispirare il Premier Conte che, nonostante i vari fallimenti, alla ricerca di un illusorio successo personale, pare non abbia mai perso il proprio fervore social. Il Presidente, non sufficientemente conscio del pessimo modo di informare gli italiani, continua a sovvertire anche i crismi del diritto costituzionale, oltre che del buon senso.

La bizzarra strategia comunicativa di Conte, che prima annuncia via social l’adozione di misure draconiane e solo successivamente stilla il relativo decreto, suscita più di una perplessità e rischia di affiancare all’emergenza sanitaria quella psicologica dei cittadini che non hanno più fonti certe e vivono “sospesi” cercando l’interpretazione delle temute conferenze stampa di Palazzo Chigi.

Senza il relativo decreto, le parole di Conte possono essere soggette a interpretazioni e un uomo di legge, come il Premier è solito evidenziare (a proposito non si era definito “avvocato del popolo”?), dovrebbe riconoscere la fondamentale importanza del principio della autenticità. Ma le basilari regole del diritto sembrano sfuggire al Governo! Certo si potrebbe ritenere che, in tempi di pandemia, l’urgenza estrema possa costituire un’esimente, ma essa non può però essere utilizzata per esautorare le funzioni e le garanzie costituzionali. Anzi proprio provvedimenti così eccezionali richiedono ancor di più il coinvolgimento continuo di Camera e Senato. Un raccordo quello tra Governo e Camere che invece manca, diversamente da quanto accade in altri Paesi, quali Spagna e Francia, dove esso è stato garantito.

Non è solo la Presidente del Senato, Senatrice Elisabetta Casellati, a evidenziare la difficoltà del Parlamento di svolgere le prerogative affidate dalla Carta Costituzionale, ma anche illustri costituzionalisti. Le modalità social scelte da Conte stanno poi svilendo anche il ruolo dei professionisti dell’informazione, chiamati a rincorrere le dirette del Premier su quelle piattaforme le quali finora, sfruttando le ampie zone d’ombra della regolamentazione, che imbrigliano solo gli operatori tradizionali, hanno affossato il settore delle news di qualità. Anche questa allora è una scelta dell’attuale Governo: premiare gli OTT, capaci fino ad adesso di utilizzare in modo utilitaristico il lavoro giornalistico per trarne profitto, a scapito delle testate che lavorano con impegno e professionalità per garantire al Paese l’attendibilità delle fonti.

Una strategia che scontenta tutti: dall’Ordine dei Giornalisti, all’Associazione Stampa Parlamentare, all’Usigrai che lamentano una violazione del diritto costituzionale dei cittadini a essere informati, previsto dall’articolo 21. Resta quindi da chiedersi cosa si nasconde dietro la scellerata modalità informativa. In questa “illogica” scelta comunicazionale, degna di un confessionale del Grande Fratello, sembra celarsi (neanche poi così velatamente) l’intenzione di rafforzare la figura del Premier, intento a sfruttare sempre più i canali social con obiettivi personali.

Ecco che allora se da un lato si cerca di esautorare il Parlamento delle funzioni costituzionalmente garantite, da un altro si vuole – quasi disperatamente – utilizzare un’emergenza sanitaria per rinvigorire il consenso; in questo modo non solo si minano più volte le certezze della Carta Costituzionale, ma si manifesta una pericolosa tendenza verso un ambiguo presidenzialismo, non in linea con quella forma di governo parlamentare propria della nostra Repubblica. Attenzione allora! Il rischio è di porre le basi di quel governo dispotico definito da Nicolas Chamfort, in cui il superiore è vile e l’inferiore avvilito.