Non ci sono state vittime, ma la voragine che ieri si è aperta in via Falcone e nella quale un autobus dell’Anm ha rischiato di sprofondare è un episodio di straordinaria gravità. Non tanto perché, secondo quanto riferito dai sindacati, «il manto stradale, rattoppato male, ha improvvisamente ceduto», ma perché quella voragine è la rappresentazione plastica del vuoto amministrativo in cui è piombata Napoli da dieci anni a questa parte.

Era il 2011, la campagna elettorale per le comunali era già entrata nel vivo e su alcuni mega-manifesti campeggiavano il volto sorridente di Luigi de Magistris e lo slogan «Con il trasporto pubblico la città respira». Di lì ad alcune settimane l’ex pm sarebbe stato eletto sindaco e avrebbe inaugurato una lunga serie di annunci: «Avremo 600 bus in strada», «Con i nuovi treni della metro Napoli sarà seconda solo a Tokyo», «Nel 2019 saremo la capitale mondiale del trasporto pubblico». Dopo dieci anni di amministrazione arancione, però, Napoli è ben lontana dai primati cui il sindaco mirava. Oggi, sulle strade partenopee, circolano poche decine di autobus, molti meno dei 400 registrati nel 2010 e dei 600 ipotizzati dal primo cittadino. La mancanza di manutenzione ha fatto il resto e ha portato alla chiusura totale della Galleria Vittoria e a quella parziale della Galleria laziale, dunque alla distruzione del patrimonio e dei trasporti di cui i fatti di via Falcone costituiscono un mirabile esempio.

In tutto questo il sindaco che fa? È impegnato, ormai da qualche settimana, nella campagna elettorale in Calabria, regione di cui ambisce a diventare presidente. Due giorni fa ha incontrato gli elettori a Cosenza. Ieri, mentre Napoli era paralizzata dallo sciopero dei taxi e del trasporto pubblico prima ancora che dalle voragini nell’asfalto, ha tuonato contro il governatore calabrese in carica Nino Spirlì, definendolo «presidente della Regione che non c’è», e ha indicato il 19 settembre come data delle elezioni perché «la Calabria non può più aspettare e non può rimanere in piena pandemia senza il presidente democraticamente eletto». Proprio così: de Magistris vuole evitare alla Calabria la stessa sorte che è toccata a Napoli, cioè quella di rimanere priva dei vertici amministrativi in una fase storica particolarmente complessa.

La vicenda farebbe ridere, se non rischiasse di avere conseguenze drammatiche per Napoli. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare? Sì, se, a dicembre scorso, parte dell’opposizione non avesse votato a favore del bilancio così salvando Dema e il Comune dal commissariamento. Ora che le elezioni sono state rinviate all’autunno e Napoli rischia di rimanere di fatto senza sindaco per altri sei o sette mesi, serve un sussulto di dignità. Che, per il sindaco, significherebbe dimissioni immediate, mentre per le opposizioni equivarrebbe a una mozione di sfiducia da votare senza esitazioni. Difficile, dopo dicembre. Ma sarebbe l’unico modo per non far sprofondare, insieme con l’asfalto e i bus, quel poco che resta di Napoli e della credibilità della politica.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.