Signor Presidente,
il Partito radicale rileva il degrado dello Stato di diritto, in cui il Governo ha precipitato il nostro paese. L’emergenza sanitaria in Costituzione è un vincolo stringente, ma anche da interpretare in modo stretto: invece, il bilanciamento di interessi è assente e lo squilibrio tra ipertrofia amministrativa e diritti dei cittadini è evidentissimo. Ogni burocrate di ministero ha colto l’occasione per tirare fuori dal cassetto segreto i suoi sogni di regolamentazione della vita di tutti; il guaio è che i suoi sogni segreti si stanno traducendo negli incubi dei cittadini.

L’iper-regolamentazione dei momenti più personali della vita quotidiana sta avvenendo con un coinvolgimento minimo – se non meramente formale e sostanzialmente nullo – dei presìdi di partecipazione democratica. Alle decisioni che impattano sulle libertà di tutti, in primo luogo, dovrebbe essere compartecipato il Parlamento, che invece di fatto sta essiccando il suo ruolo: accettando il sistema dei “decreti a grappolo” e dei “decreti a perdere”, le Camere stanno di fatto abdicando al loro ruolo e legittimano l’espansione dei poteri dell’Esecutivo.

Nella seduta di mercoledì scorso della Commissione giustizia del Senato il rappresentante del Governo ha estorto dalla maggioranza una sostanziale rinuncia ad esaminare nel merito il decreto che incide sull’articolo 24 della Costituzione, respingendo l’offerta di collaborazione espressa dall’opposizione.

Quel che è peggio è che neppure il Governo è di fatto coinvolto: tutte le decisioni sono adottate – sotto il “cappello” formale di decisioni del Consiglio dei Ministri – con decreti del presidente del Consiglio, la cui vaghezza si presta a confusioni interpretative cui si risponde o con interlocuzioni dirette con le Istituzioni territoriali (altri esecutivi, quelli regionali) o con le Faq pubblicate sul sito Governo.it. Lo Stato di diritto, dalla legge formale, sta passando alle fonti extra ordinem, guarda caso tutte prodotte da un Uomo solo al comando.

È già accaduto quando il terremoto di Messina fu affrontato con lo stato d’assedio ed i decreti reali a ratifica parlamentare successiva: ci auguriamo che Lei voglia esercitare il ruolo di salvaguardia della legalità e delle libertà di tutti che, un secolo fa, il re rinunciò ad esercitare, avvelenando il dibattito pubblico e precostituendo le condizioni per la marginalizzazione del Quirinale nel ventennio successivo.

Maurizio Turco, Irene Testa

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