I sindacati si preparano alla mobilitazione
Campania, dramma lavoro: uno su cinque senza occupazione

«Precari si diventa, è la politica che li crea». Questa frase, gridata qualche giorno fa nel corso della manifestazione che la Cisl ha tenuto per la stabilizzazione dei precari nella sanità, è il termometro, assieme ad altri avvenimenti accaduti in queste ultime settimane come la morte del sindacalista Adil Belakhdim nel Novarese o quella della giovane Luana D’Orazio a Prato, del clima di sconforto e di rabbia che aleggia tra i lavoratori. Soprattutto tra quelli il cui contratto di lavoro è a termine o sta per scadere senza alcuna possibilità di rinnovo.
Una situazione che, come il sindacato afferma da tempo, sta minando la coesione sociale perché non sono pochi, anche in Campania, i lavoratori che saranno espulsi dal ciclo produttivo soprattutto con la fine del blocco dei licenziamenti collettivi e che andranno a ingrossare le fila di quelli in cerca di primo impiego o dei disoccupati. Ecco perché, con le manifestazioni nazionali di sabato prossimo in tre piazze d’Italia, Cgil, Cisl e Uil grideranno forte il loro disappunto nei confronti di una politica che sembra essere cieca alle continue sollecitazioni del sindacato per fermare questo declino. La Cisl della Campania, insieme con Cgil e Uil, sarà a Bari a rappresentare un Sud sempre più lontano da una ripresa economica che possa far ben sperare in un futuro sicuro.
Basta guardare i dati Inps sulle famiglie che a maggio hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza – il numero di queste ultime sfiora quello dei percettori nell’intero Nord – oppure gli effetti devastanti della pandemia che ha fatto aumentare le persone in povertà assoluta. In Campania il 50% dei cittadini rischia di finire nell’elenco dei poveri e di coloro che, di fatto, si trovano ai margini della società. Le regioni del Mezzogiorno sono negli ultimi quindici posti della classifica europea e tra le peggiori c’è proprio la Campania, dove una persona su cinque è senza lavoro. Al Sud il 40% dei giovani vive ancora in casa a causa di difficoltà lavorative e il 41,7% delle persone nella fascia 30-34 anni ha una situazione economica insoddisfacente e accetta lavori anche privi di contratto.
Con la pandemia sono ben 42mila le donne che in Campania hanno perso il proprio lavoro, soprattutto perché impossibilitate a conciliare famiglia e impegno professionale a causa delle scuole e asili chiusi. Segnali allarmanti che non vanno sottovalutati, ma che anzi dovrebbero fare da sprone per politiche orientate non solo alla crescita e alla buona occupazione, stabile e duratura, per politiche occupazionali sistemiche e strutturali che coinvolgano i settori colpiti dalla crisi pandemica e la Pubblica amministrazione, ma anche per misure a favore dell’inclusione sociale e del welfare alla luce della straordinaria opportunità offerta dal Recovery Fund che impone una gestione condivisa, efficace e mirata al superamento dello storico divario Nord-Sud e al rafforzamento delle aree interne sul fronte della sanità, dei trasporti e delle infrastrutture, stabilendo per legge i livelli minimi di prestazioni sociali. Ecco perché per la Cisl è importante che, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, la riforma fiscale sia complessiva e ispirata al principio della progressività e del contrasto alle disuguaglianze sociali e territoriali proprio a partire dal Mezzogiorno. Non c’è bisogno di politiche assistenziali ma, soprattutto al Sud, oltre la proroga del blocco dei licenziamenti, chiediamo piani industriali credibili.
Non bastano più le risorse destinate alle incentivazioni assunzionali, ma occorre dare continuità e stabilità soprattutto a quelle aziende che sono in sofferenza. E, ancora, serve una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro mirata a reali percorsi di riqualificazione e riconversione professionale connessi con l’attuale domanda del tessuto produttivo locale. Bisognerebbe promuovere, attraverso forti incentivi alle aziende, il contratto di solidarietà, rifinanziare il contratto di espansione e la formazione continua, rafforzare della Naspi soprattutto per i lavoratori che saranno licenziati quando terminerà il blocco dei licenziamenti.
È necessario che le risorse stanziate siano spese con efficacia. I temi della salute e dello sviluppo sostenibile, che fino a qualche anno fa sembrava impossibile che diventassero priorità, sono per il Mezzogiorno al centro delle logiche di crescita dei prossimi anni, così come il tema della sicurezza. L’attenzione alla qualità del lavoro e delle relazioni che si vivono all’interno del proprio posto di lavoro, rientra in una più ampia strategia per lo sviluppo. Sarebbe auspicabile, quindi, che da parte di tutti gli attori coinvolti ci fosse maggiore consapevolezza dell’importanza di queste materie. Se il sistema partecipativo virtuoso diventasse una pratica diffusa in tutte le realtà produttive, avremmo risultati davvero positivi anche sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali che continuano a rappresentare una piaga molto estesa. Questo chiederemo sabato prossimo per il Sud.
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