Caro Sig. Presidente del Consiglio
Io, e penso tutti gli italiani, abbiamo nei suoi confronti un debito di riconoscenza per aver sospeso con decreto, vale a dire per necessità ed urgenza, il che non è affatto poco, l’entrata in vigore della riforma della giustizia che porta il nome dell’ex ministro Cartabia. Non ho la presunzione di ritenere che l’appello che pubblicai sulle pagine di questo giornale possa aver determinato o anche solo inciso in maniera rilevante sulla Sua decisione, ma resta il fatto che quanto era stato richiesto è stato ripreso anche dalla magistratura e che la richiesta, quanto meno di rinvio dell’entrata in vigore della riforma, è stata subito accolta. Detto ciò, devo aggiungere che, come mai accade, non ho ascoltato nessuna voce critica nei confronti di questa decisione, e se è così, mi domando come sia possibile che stesse per entrare in vigore una legge su cui nessuno era d’accordo ma, come sappiamo, i comportamenti umani e soprattutto quelli collettivi, spesso sono assolutamente privi di ogni spiegazione logica.

Io penso che all’ultimo momento Lei ed il suo governo si siano resi conto che moltissime innovazioni contenute nella riforma, come le videoriprese di tutte le udienze, fossero inutili, impossibili ed anche fortemente dannose; che la procedibilità a querela della maggior parte di reati anche assai gravi come il furto, alla fine avrebbe generato nell’opinione pubblica un diffuso senso di insicurezza con un costo politico insostenibile; che le limitazioni alle impugnazioni, soprattutto per come concepite avrebbero creato gravissime disparità tra gli imputati e qui mi fermo per non essere noioso e troppo tecnico. Ma allora, dico io, se il problema è svuotare i tribunali di processi costosissimi quasi sempre vecchi di decenni assolutamente impossibili da decidere e quindi del tutto inutili se non dannosi, non sarebbe meglio, come del resto si è sempre fatto, azzerare le pendenze con un’amnistia ritornando anche al vecchio regime della prescrizione che aveva tempi certi, congrui e ragionevoli?

Mi rendo conto che per un osservatore superficiale un’amnistia potrebbe avere un costo politico non indifferente, ma le cose vanno spiegate e, paradossalmente, sono proprio i governi forti quelli che possono e devono fare certe scelte ed io penso che il Suo governo queste forze le abbia. Devo ricordare che durante il Fascismo in Italia vennero concesse ben sette amnistie, vale a dire quella del 22 novembre 1922, quella del 31 luglio 1925, quella del 1 gennaio 1931, quella del 5 novembre 1932, del 25 settembre 1934, del 15 febbraio 1937 e l’ultima del 17 ottobre 1942, e che dal 1944 al 1990 in poi in Italia ci sono state ben 33 amnistie ed indulti che evito di elencare per cercare di non essere troppo monotono ma che stanno lì. Ma cosa è accaduto, perché dal 1990 tutto è cambiato ed il sistema si è bloccato? Ebbene, la risposta è tanto semplice quanto assolutamente evidente ed infatti, nel 1989 entra in vigore il codice Vassalli che, come si è visto e si vede, consegnò l’Italia alle Procure, esplode il furore giustizialista e dall’ anno dopo non sono state più emanate amnistie.

Poi, sempre nel 1990, è entrata in vigore la nuova legge sulla repressione degli stupefacenti con pene assolutamente irragionevoli. Nel 1993 viene eliminata l’immunità parlamentare squilibrando completamente il rapporto tra i poteri sino a che nel 1999 anche il nome del Ministero cambiò, la parola Grazia venne eliminata ed il sistema si è incrudelito ed inceppato completamente nelle pastoie di un codice assolutamente irrealizzabile e siamo arrivati alla situazione che vediamo ed alle ulteriori micidiali stravaganze contenute nella riforma, per ora solo rinviata che di fatto vorrebbero eliminare il più possibile il processo e, soprattutto, gli avvocati dal processo. Ma un paese senza “giustizia” soprattutto penale non è mai esistito e non può esistere. Devo aggiungere di sapere perfettamente che la giustizia ha anche e forse, soprattutto, una serie di funzioni tanto indicibili quanto assolutamente insostituibili e per questo irrinunciabili. Infatti, oltre ad essere un rilevantissimo ammortizzatore sociale, la giustizia è la mano armata della politica, non a caso tutte le rivoluzioni e tutte le guerre le vincono sempre i buoni e si concludono sempre con processi e condanne, anche se bisogna dire che in Italia la Giustizia o meglio certa parte della magistratura. ha smesso di essere braccio armato della politica per trasformarsi in vero e proprio soggetto politico.

Andando a scavare ancora di più ma neanche tanto nell’indicibile collettivo, secondo me il processo soprattutto penale, come del resto senza voler essere blasfemi anche le cerimonie religiose, sono la trasfigurazione di sacrificio umano e ne conservano tutte le forme e le ritualità, dall’altare che si chiama banco alla procedura che si chiama rito alla veste del sacerdote e dei chierichetti che sono il giudice e gli avvocati sino al Codice che sostituisce le Sacre Scritture. L’idea del sacrificio umano ha le sue radici nella più profonda preistoria, ed è uno dei fatti alla base dell’evoluzione del comportamento umano in tutte le diverse civiltà. La verità è che tutte le comunità per trovare coesione necessitano di un nemico comune da isolare, espellere ed eliminare e questa funzione in tutte le civiltà, piaccia o non piaccia, la assolvono i tribunali. Ma per fare ciò occorre un’organizzazione ed una struttura che abbiano un senso ed una logica, e senza eccessivi danni collaterali, vale a dire troppe sentenze eccessivamente ingiuste e processi interminabili che sono di per sé già una pena, ma per fare ciò è indispensabile che la magistratura, nel suo stesso interesse di categoria, rinunci ad essere e comportarsi come un soggetto politico anche perché tutte le rivoluzioni mangiano sempre i loro figli e questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi in Italia.