Non era difficile prevedere che l’esperienza del governo delle larghe intese con l’avvicinarsi della scadenza elettorale avrebbe generato la fibrillazione che ha prodotto la Crisi. Proseguire oltre sarebbe stato un accanimento terapeutico e aldilà delle forme con le quali si è consumato l’atto di liquidazione dell’esperienza Draghi sono riemerse tutte le questioni inevase della lunga transizione italiana di questi trent’anni, la debolezza dei partiti e l’estremo tentativo di sopravvivenza delle Forze Politiche che hanno fatto leva sui disagi ed i miasmi di una Società scossa dalle ripetute crisi economiche.

Prima quella del 2008, poi la fase pandemica ed ora la spinta inflattiva generata dal conflitto bellico con tutte le conseguenze impreviste. Era difficile redistribuirsi gli utili elettorale e gli eventuali meriti della gestione Draghi; il pilota automatico della politica economica europea sceso direttamente alla guida del governo. Tuttavia dopo la crisi appare più evidente che i fronti che si opporranno terranno un segno distintivo, vi sono forze che conservano il tratto euroscetticista, che prediligono la narrazione ultra-sovranista, che sono in presa diretta con le sofferenze del paese reale che non intendono governare ma alimentare (le campagne contro l’euro, contro i vaccini, contro gli stranieri, contro gli ucraini e gli americani che li illudono). Dall’altra lo sgretolato fronte dell’autosufficienza ulivista che non vuole abbandonare la presunzione di rappresentare l’Italia migliore, quella resistenziale, quella del compromesso storico e della lotta senza quartiere a tutti coloro che hanno cercato di iniettare un soffio di modernità ma che sarà costretta a rimodellare la sinistra attraverso un progetto neo-socialdemocratico che corrisponda non soltanto ad una coerente visione comune con le forze che oggi governano nell’Europa Mediterranea ma che sostanzi, anche sul piano ideologico una proposta politica compatibile con le necessità.

Una concertazione democratica e repubblicana dovrebbe essere promossa con gli attori politici che non hanno abbandonato Draghi “nell’ora più buia” ed una impronta di segno socialista e democratica deve segnare il cammino della proposta politica alla nazione. Certo in testa gli obiettivi dell’agenda di Mario Draghi ma assieme gli adeguamenti necessari che tengano conto della straordinarietà della situazione, dell’impoverimento progressivo del paese, dello sgretolamento delle nostre istituzioni in molte sue espressioni, della necessità di mantenere saldo il legame con l’Unione Europea e richiamare all’esigenza di sottoscrivere un nuovo patto costituzionale con tutti gli stati e tutti i cittadini europei; Vincoli per le politiche della sicurezza, dello sfruttamento energetico, delle norme di tutela dei lavoratori (uno statuto europeo), degli impegni sulle emergenze ambientali.

Associare forze politiche, esperienze politiche diverse potrà rivitalizzante la funzione democratica. Mettere da parte l’illusione di assorbire nella cooptazione il tarlo populista, esso sarà destinato a riprodursi nella destra italiana se non sarà in condizione questo blocco di forze democratiche, riformiste e progressiste di marciare assieme anche nella diversità. Che sia anche plurale l’offerta elettorale, ma che venga rappresentata la tradizione migliore della sinistra storica in ragione dei suoi meriti del presente in un legame ideale e storico con il passato che sta alle nostre spalle e che ci impone una battaglia realistica e pragmatica. Un richiamo chiaro alla recente esperienza governativa ed un impegno altrettanto chiaro per il futuro per una società italiana aperta e plurale che vive piantata nel Mediterraneo ed esercita una sua funzione strategica per tutto il Continente; che non si fa considerare la cenerentola europea o l’eterna nazione in crisi per via delle stravaganti ed arrembanti posizioni della nuova destra ovvero la fusione fra ex separatisti ed ex nostalgici del ventennio ridipinti.

Che esalti l’Italia migliore ma non faccia leva solo sull’elitismo delle classi privilegiate, vizio che ha fatto esplodere il movimento populista che altro non è che un grande grido di dolore popolocratico. Nessuna union sacreé de la Gauche ma una nuova e temperata forza tranquilla che rigenera la fiducia e la speranza negli italiani, la stessa che in fasi diverse hanno generato le recenti conduzioni governative. Ci sono gli elementi e gli ingredienti per non aver paura del confronto elettorale che sta per avanzare. Se non altro per non presentarsi al corpo elettorale con una iattanza che nessuno deve avere ma con l’umiltà che solo l’autorevolezza della politica è in grado di assicurare.