L'analisi
Fioriere e panchine nel degrado, la politica di bilancio del Comune di Napoli rivela l’assenza di una visione
L’euforia propagandistica che ha accompagnato il miracoloso Patto per Napoli (meglio sarebbe chiamarlo il Patto Faustiano) si sta finalmente diradando. Appare nitidamente la cruda verità rivelata dalle cifre contenute nel Rendiconto 2021, approvato dal Consiglio comunale il 30 maggio scorso, seguito poi dall’approvazione in giunta, il giorno dopo, del bilancio preventivo, primo atto della nuova amministrazione guidata da Manfredi.
L’assessore Baretta ha sottolineato, a sua difesa, che il Rendiconto cade sotto la responsabilità della amministrazione precedente, quella di cui lui fa parte è, a suo avviso, ancora immacolata. Quali sono le criticità che emergono dall’importante documento di bilancio? Innanzitutto il disavanzo che si attesta a 2.212.461.726,45 euro, migliora rispetto all’anno precedente di 253 milioni, ma resta ovviamente il disavanzo più elevato tra le cinque grandi città (Milano, Torino, Bologna, Roma). Il debito complessivo di circa 5 miliardi (di cui 2,8 miliardi di debito finanziario) resta immutato. Le risorse promesse dal celebrato Patto Faustiano appaiono ora nella loro giusta dimensione: sono assolutamente insufficienti anche per avviare una parziale soluzione dei problemi strutturali del bilancio comunale.
Le scelte strategiche dell’amministrazione Manfredi, che si concretizzeranno nel bilancio di previsione 2022, saranno quindi fortemente limitate: in primo luogo, per quanto possibile, sarà necessario aumentare la riscossione (la percentuale delle entrate tributarie riscosse o recuperate non arriva al 40% e quella delle extra tributarie addirittura supera di poco il 7%); un secondo strumento sarà la valorizzazione del patrimonio, con il Piano triennale per l’alienazione degli immobili, ma in questo settore tutto è incerto e le cifre del preventivo sono state sempre gonfiate ottimisticamente per essere poi riviste al ribasso in sede di consuntivo finale; infine, ed è questo il punto più rilevante, si tenterà una ristrutturazione dei mutui, trattando con gli istituti centrali e bancari una riduzione degli tassi di interesse usurai sui prestiti contratti. E questa è una operazione politica assolutamente necessaria, che, speriamo, la giunta sosterrà con decisione.
Avendo un esiguo margine di manovra, l’amministrazione ha optato per una utilizzazione a pioggia dei fondi, distribuendoli prevalentemente sulla manutenzione dei territori (sono previsti in tre anni 45 milioni) evitando di concentrali su precisi assi strategici di sviluppo, come la riorganizzazione del centro storico Patrimonio Unesco o il risanamento di qualche area periferica particolarmente degradata, o per le necessarie opere di supporto alla Zona Economica Speciale, o per destinarli al risanamento della rete idrica, visto che l’ABC non potrà ottenere il finanziamento richiesto di 50 milioni nell’ambito del PNRR; o infine varare un consistente piano per le scuole, nel tentativo di arginare la piaga dell’abbandono scolastico e contrastare il reclutamento criminale (alla scuola vanno solo 3 milioni).
La politica di bilancio di Manfredi rivela l’assenza di una visione sul futuro della città e le esigue somme saranno sprecate nei soliti cento cantieri-rattoppo. Che senso ha, ci chiediamo, mettere qualche fioriera e qualche panchina in mezzo alla desolazione e al degrado civile, non cambierà nulla, poiché quella fioriera e quella panchina probabilmente saranno presto oggetti preferiti di vandalismo o saranno testimoni silenziosi delle violenze gratuite che gruppi di adolescenti compiono liberamente ogni fine settimana in un territorio che neppure più la camorra, anch’essa in fibrillazione, riesce a controllare. Intanto, l’assessore al bilancio sottolinea orgogliosamente che non ci saranno tagli al Welfare, osserviamo che sarebbe stato davvero difficile tagliare quello che non esiste già da anni.
E i cittadini napoletani saranno felici di apprendere che questo anno non ci saranno aumenti di tasse, ma bisognerebbe dire, più chiaramente, che questo è l’ultimo anno senza aumenti di tasse, perché gli accordi sottoscritti con il Patto Faustiano prevedono un continuo aumento dei tributi nell’arco del prossimo ventennio. Su quello che poi era stato presentato dal sindaco come l’incedibile ridotta della rinascita napoletana, la cultura, poco si vede, poiché manca anche in questo settore una visione strategica, nonostante la presenza di illustrissimi accademici come consulenti. E poi le 1000 assunzioni promesse non sono in contrasto col diktat di austerity previsto dal Patto Faustiano?
Per questa nostra città. martoriata della storica inadeguatezza delle sue classi dirigenti, si apre un periodo molto difficile, in un contesto di crescente incertezza. L’illusione di una città finalmente salvata dal dissesto, in gran parte diffusa dall’opportunismo servile di certa stampa partigiana, è ormai svanita del tutto. L’amministrazione Manfredi mostrerà presto un solo volto: quello impietoso dell’esattore esterno, che metterà a suo profitto i debiti dei napoletani.
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