Questo non è un articolo sul Covid, è un meta-articolo sul Covid. È un articolo che ragiona sugli articoli e, in generale, sulle comunicazioni riguardanti il Covid, da parte di scienziati e esperti. Come mai i tanti interventi di medici, virologi e infettivologi, anziché concorrere a chiarire la situazione, hanno spesso condotto a dispute e polemiche che disorientano lettori e ascoltatori?

Dall’inizio dell’epidemia abbiamo sentito che i morti non sarebbero stati “di Covid, ma solo col Covid”, ovvero che il Covid sarebbe stato al più una concausa, o un agente scatenante di patologie pregresse; che il virus sarebbe mutato o, al contrario, che non sarebbe mutato in modo sostanziale; che il virus non si trasmette dall’uomo agli animali con cui è in contatto, ma comunque dieci milioni di visoni devono essere abbattuti, perché ammalati di Covid; che il virus sarebbe diventato più contagioso, ma meno letale, o forse più letale in quanto più contagioso; che gli asintomatici non sono malati, anzi no, contrordine: gli asintomatici sono malati, perché gli organi possono essere danneggiati anche in assenza di sintomi esteriori; che la seconda ondata ora interesserebbe anche i giovani, mentre la prima quasi esclusivamente gli anziani o, piuttosto, è solo una questione della modalità di contagio; che l’idrossiclorochina sarebbe stata un farmaco molto efficace contro il Coronavirus, anche se in tanti casi non ha sortito alcun effetto; che alla fine della primavera il “Coronavirus era clinicamente morto” e che il caldo lo avrebbe comunque debellato (abbiamo visto…) e tante altre affermazioni dubbie o contraddittorie.

Insomma, “ospedale che vai, usanza che trovi”. Cosa è andato storto? La causa della confusione è stata, come sostengono alcuni, la mania di protagonismo, l’ebrezza da celebrità improvvisa, o magari la vis polemica, di cui sono così ben provvisti gli italiani, medici inclusi? Forse un po’ di tutto questo, oltre, sicuramente, a profonde convinzioni personali e al desiderio sincero di dare un contributo originale alla causa comune. Ma, si domandano in molti, gli scienziati non dovrebbero invece parlare con una voce sola, essere concordi tra loro e attenersi a fatti non suscettibili di interpretazioni personali? Sì, dovrebbero, ma qualcosa non ha funzionato. Come dicevo all’inizio, questo articolo vorrebbe spiegare esattamente cosa. Stiamo parlando di Scienza e di scienziati. Che cosa è la Scienza? È forse il desiderio di conoscere? È l’insieme delle informazioni accumulate? È la valutazione della realtà? La saggezza? La sapienza? L’illuminazione? No. La Scienza è una ricetta, un protocollo, un metodo. E non è una ricetta qualunque. È la ricetta che fu data dal padre della Scienza, Galileo Galilei.

Prima di Galilei c’erano stati saggi e studiosi, che avevo fatto progredire le conoscenze e la tecnologia. Alcuni di essi anche oggi hanno titolo e dignità di scienziati, ma non tutti. Definiamo scienziati pre-galileiani, quanti hanno applicato in modo forse inconsapevole, magari istintivo, la ricetta di Galileo. Ad esempio, Archimede di Siracusa nei suoi studi di matematica e fisica, o Euclide della scuola di Alessandria, il fondatore della geometria sistematica. Superiore a loro era ritenuto Aristotele, il maestro di color che sanno e riferimento universale degli studiosi per due millenni. Eppure la fisica di Archimede la studiamo ancora oggi sui libri di scuola, ad esempio il Principio di galleggiamento, che da Archimede prende il nome, o i teoremi di Euclide sui triangoli. Di Aristotele, invece, non c’è traccia sui manuali di fisica, se non, eventualmente, come caso esemplare di errore perpetuato per secoli, proprio a causa della mancanza di applicazione dei principi di Galileo.

Galileo ha fornito un vaglio, un setaccio, per separare il frumento dalla gramigna, ciò che è scienza, da ciò che non lo è. E nel setaccio di Galileo è rimasto impigliato anche il divino Aristotele, mentre Talete, Pitagora, Archimede, Aristarco, Eratostene, Euclide lo hanno attraversato, atterrando sui sussidiari scolastici. E allora, ci dici una buona volta che diamine ha detto Galileo? Certo, sono qui apposta. Galileo ha detto che non sono le idee personali, per quanto apparentemente corrette, coerenti, giudiziose e condivisibili ad essere materia della scienza. La Scienza è una corsa a tappe o, se preferite, ad ostacoli. Si articola in cinque passaggi, nessuno dei quali può essere saltato o trascurato. Eccoli:

1. Osservazione 2. Ipotesi 3. Tesi 4. Verifica sperimentale 5. Legge (o, più in generale, Teoria)
1. Si osserva un fatto o un avvenimento. Un fulmine in cielo o la comparsa di un epidemia di Coronavirus.
2. Sulla base di quanto osservato e delle conoscenze già acquisite, si azzardano ipotesi di spiegazione.
3. Tra tutte le ipotesi si sceglie quella più plausibile e si elabora fino a costruire un quadro coerente e non contraddittorio: la tesi.
Fino a questo punto anche gli studiosi e i saggi dell’antichità erano arrivati. Anche Aristotele, con le sue ricerche sul movimento dei corpi, o Ippocrate, con la dottrina dei quattro fluidi che governerebbero organismo e psiche umana. La vera discriminante è il punto 4, l’ostacolo su cui Aristotele e Ippocrate avrebbero inciampato: la verifica.
4. Verifica. Lo scienziato che si voglia fregiare di questo appellativo, deve ideare prove o esperimenti con i quali cimentare la sua tesi. Deve dirsi: se quello che penso è giusto, allora il risultato non può che essere questo. Quindi fare l’esperimento o, in alternativa, osservare casi in cui manifestano gli effetti ipotizzati e verificare che siano quelli attesi. In caso contrario, come al gioco dell’oca, torna indietro. Fa nuove ipotesi, elabora una nuova tesi e fa nuove verifiche.
5. Ammesso che riesca a superare con successo il punto 4, e solo in questo caso, è autorizzati a formulare una teoria che integri la tesi con gli esiti sperimentali. Solo allora la tesi, convertita in teoria, avrà dignità di Scienza. Ad esempio: (1. Osservazione) Newton vede cadere una mela. (2. Ipotesi) Suppone che la mela sia caduta perché attirata dalla Terra. (3. Tesi) Immagina che come la mela è attratta dalla Terra, così ogni corpo sia attratto da ogni altro. (4. Verifica) Guarda in cielo e scopre che la Luna si comporta, in proporzione, come la mela. La Terra si comporta nei confronti del Sole, come la Luna nei confronti della Terra, e così anche gli altri pianeti. (5. Teoria o Legge) Siccome tutti i corpi osservabili, mele, sassi, pioggia, esseri umani e animali, corpi terrestri e celesti si comportano nel modo previsto dalla sua teoria, formula la Legge di Gravitazione Universale.

Quanti degli esperti interpellati, tutti peraltro insigni clinici -sia ben chiaro-, si sono attenuti a questo protocollo prima di fare affermazioni apodittiche e perentorie? Se avessero premesso: “io ipotizzo che…”, o “la mia tesi è…”, cioè se avessero ammesso di essere ancora in una fase preliminare (i punti 2. e 3.), le polemiche sarebbero cessate o non sarebbero mai sorte; la gente non avrebbe pensato che si trattasse di verità scientifiche e non sarebbe rimasta disorientata e stordita, specialmente in un periodo di così grande apprensione e incertezza. Ricordiamoci sempre che la scienza è come il sacerdozio: come i preti hanno il Credo di Nicea, gli scienziati hanno i precetti di Galileo. Derogare da quelle prescrizioni è eresia scientifica!