Nel 2013 i 5Stelle entrarono in Parlamento dicendo di voler disintermediare tutti: stampa, politici, associazioni di categoria, lobby e chi più ne ha più ne metta. Dicevano che erano solo i cittadini a contare, e che loro erano proprio questo, cittadini delegati da altri cittadini. Sono passati 7 anni, e oggi quei cittadini celebrano il loro l’ingresso nell’alta società politica ed economica con un evento, battezzato “Stati Generali dell’Economia”, che sa molto di Gran Ballo dei debuttanti. Sede dell’evento, Villa Doria Pamphilj. La storica residenza seicentesca che un tempo appartenne all’omonima famiglia della nobiltà romana, venne espropriata nel Novecento e in seguito divenne sede di alta rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ad aprire le danze, la Troika. Nulla di male in tutto ciò: è giusto che chi governa crei occasioni per confrontarsi con chi subisce gli effetti delle sue decisioni. Ed è anche un bene che i 5Stelle abbiano capito che a non dare ascolto ai corpi intermedi della società si possono commettere errori fatali. Certo è paradossale, se si pensa a come e perché è nato il Movimento 5Stelle, vedere il loro leader maximo invitare a corte tutti quei poteri forti che un tempo dicevano di voler buttare fuori per sempre dai palazzi della politica. La dura realtà, che ha il nome di emergenza Coronavirus, ha spinto i pentastellati a cambiare il proprio modello decisionale: prima si decideva sulla piattaforma Rousseau, adesso si decide con le task force guidate dai manager internazionali o tra le siepi dei giardini segreti un tempo appannaggio della nobiltà romana.

Ma qua l’attenzione non va tanto al trasformismo del Movimento 5Stelle, bensì al corretto funzionamento della democrazia e a cosa occorre fare per difenderla. È bene ricordare che nel nostro ordinamento il potere di fare le leggi spetta al Parlamento eletto dal popolo e che il potere esecutivo è esercitato dal governo che deve avere la fiducia del Parlamento. La Costituzione non prevede né task force né Stati generali: prevede appunto Parlamento e Governo. E se il governo proprio non ce la fa e ha bisogno di una mano, prevede il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) che ha proprio funzione consultiva in materia economica e sociale. Se il Parlamento non è più il luogo che ha capacità di prendere decisioni, se queste vengono esternalizzate a terze parti che non hanno alcun mandato popolare, si corre il rischio di umiliare la democrazia parlamentare e in altri termini umiliare il popolo.

Chi siede in Parlamento (o nei corridoi del Parlamento, dove ora i membri eletti sono costretti a votare – fuori dall’aula – sempre per ragioni Covid), checché ne dicano i 5Stelle non rappresenta semplicemente un partito: ogni parlamentare rappresenta un pezzo di società, di popolo, di culture, di territorio, che nessuna forma di aristocrazia moderna potrà mai sostituire. Ci sono sia alla Camera che al Senato 14 task force permanenti, divise per competenze, che sono le migliori disponibili, anche perché rispecchiano proporzionalmente l’elettorato: si chiamano Commissioni parlamentari e sono dedicate proprio a questo, a confrontarsi con i corpi sociali ed elaborare proposte. A differenza di quelle istituite dal governo Conte, sono task force che rispondono al popolo. Chi ne fa parte, se fa male il proprio lavoro, va a casa perché non viene rieletto.

Intendiamoci: è bello – e non solo esteticamente – indire Stati generali come occasioni di confronto. Ma chi governa deve avere chiaro che è il Parlamento ad avere il compito di rappresentare gli interessi di tutti i cittadini nel loro insieme, e nessun altro. E deve avere chiaro che questa funzione decisionale non può essere un mero esercizio di forma, perché se così fosse si ridurrebbe il Parlamento a passacarte di un governo orfano di una qualsiasi legittimazione elettorale. Non so cosa abbia portato i 5Stelle a cambiare così tante volte modus operandi nel tempo.

Ma se il loro obiettivo non è la fine della democrazia parlamentare, sarebbe bene che iniziassero a tutelare gli equilibri costituzionali che consentono al popolo di esercitare la sua sovranità. Forse, se lo facessero, si renderebbero conto che tutti gli esperti di cui si sono avvalsi nelle fasi dell’emergenza li avrebbero trovati in Parlamento e nella costante interlocuzione del Parlamento con i segmenti della società. In questo senso ridurre il numero dei parlamentari con la scusa dei risparmi avrà come unico effetto quello di costringere chi governa ad affidarsi sempre di più a professionisti che non dovranno mai affrontare il giudizio popolare per i loro errori. Un po’ come nelle aristocrazie del tempo che fu.