Incontriamo Letizia Moratti nel suo quartier generale a Milano. L’aria è frizzante, a tratti anche tesa. La sfida è importante. E candidata e staff sono impegnati in quella che sembra una campagna destinata a cambiare il quadro dei riferimenti politico-culturali di Milano, della Lombardia e non solo.

Una sua nuova vita, questa più politica?
Nel mio caso c’è poca differenza tra essere chiamata a gestire una Regione, casa mia, San Patrignano o le diverse organizzazioni di volontariato nella quale sono impegnata in prima persona. La motivazione personale ed umana è fondamentale. Poi ci attacco su degli schemi e dei metodi di lavoro efficaci.

E il riformismo è una idea con un futuro?
Mai come oggi la nostra società necessita di proposte concrete e visioni in grado disegnare strategie per il futuro. Questo è per me il riformismo. Un concetto che si eleva rispetto a una politica di pura appartenenza. In Lombardia abbiamo grandi e riusciti esempi di riformismo afferente a diverse culture: cattolica, socialista, liberale. Mi rifaccio a tutte queste esperienze.

Milano è da sempre culla del nuovo, in politica. Anche della sua nuova vita politica?
Sono convinta di sì e non solo per Milano. L’intera Lombardia è oggi uno straordinario laboratorio politico che indicherà al Paese nuovi scenari, con uno sguardo aperto all’Europa.

Sono finite la vecchia destra e la vecchia sinistra?
Resistono come basi culturali cui ispirarsi. Ma c’è bisogno di un’offerta politica più performante. Credo in un sano e costruttivo rapporto tra politica e tecnici. In questo momento la politica è in crisi. Non va bene. Gli elettori delusi e chi non vota più sa che possono contare su di me per una nuova prospettiva.

Perché un elettore di sinistra dovrebbe votare per lei?
Non mi piace la domanda.

Mi risponda lo stesso…
Credo che un buon candidato debba saper parlare a tutti. Dare garanzie rispetto alla sicurezza non è essere di destra. Occuparsi del sociale non è essere di sinistra. Da sempre sono sempre stata attenta ai temi sociali. Con la mia Associazione Genesi, impegnata nella difesa dei diritti umani attraverso l’arte e con la Fondazione E4Impact, insieme con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha formato più di 40mila giovani imprenditori in Africa. Classe dirigente che a sua volta si sta dando da fare per dare lavoro e far crescere la propria gente, il proprio territorio. Sono temi di sinistra? Io li considero temi universali.

Quando ha iniziato a parlare con Renzi e Calenda?
Il mio approccio con il mondo politico è sempre stato aperto e laico. Nessun apriorismo e dialogo aperto con tutti. Con Renzi e Calenda, ma anche con Giorgia Meloni, con Enrico Letta… .

In cosa la giunta Fontana avrebbe dovuto fare di più, e di meglio?
Credo che tutti riconoscano che sulla Sanità in Lombardia c’è stato un prima (Gallera fino a gennaio 2021) ed un dopo (con me da quella data in poi). Prima era un disastro, poi i Lombardi hanno tirato un sospiro di sollievo. Rimane il dramma delle tante, troppe persone che non sono più con noi. In questo anno e mezzo in Regione ho però capito che non solo sulla Sanità ma in tutti gli ambiti si poteva fare molto meglio. Da qui la mia candidatura. Sono sicura che riusciremo a convincere la maggioranza dei Lombardi che siamo la miglior garanzia di governo rispetto a Fontana.

Tre priorità del suo programma.
Tre S; salute, sicurezza, servizi. La sanità pubblica rappresenta un dovere di equità sociale. Non si deve pagare per prestazioni dovute. Va completato e potenziato l’impegno per la sanità territoriale con la realizzazione di Case e Ospedali di Comunità, con risorse e tempi certi. Due miliardi di euro per il prossimo triennio. E recupero delle liste d’attesa.

Report la incalza sui ritardi…
Ho fatto realizzare una mappatura dei ritardi che prima non c’era, e che ha consentito un immediato recupero dal 60 all’80% dei tempi standard per i ricoveri chirurgici oncologici. Non ancora soddisfacente, certo. Bisognerà migliorare su tutti gli altri interventi e sugli esami ambulatoriali.

La sua discontinuità su che basi si misurerà?
Come per la salute, anche in tema di sicurezza e servizi, penso al trasporto pubblico, agirò facendo realizzare precise mappature georeferenziate dei bisogni. Oggi so quali saranno i bisogni sanitari futuri, Comune per Comune, per i quali intervenire per tempo. Dovrà essere così per la sicurezza, con un tavolo settimanale con Prefetture, forze dell’ordine e polizia locale capace di individuare interventi immediati su aree critiche, e per il trasporto pubblico, con particolare attenzione ai pendolari. La tecnologia aiuta, ma è la politica a dover essere capace di prendere le decisioni.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.