Ieri ho chiuso l’anno giudiziario 2021 con la prima udienza per fatti del 2010 di un processo che ancora non si sa neppure chi deciderà e che per ragioni prettamente biologiche concluderanno, se avranno fortuna, i miei nipoti se per sventura dovessero fare il mio stesso lavoro (e poi dicono che i processi si prescrivono per colpa degli avvocati) . Se e quando il processo dovesse finire, gli imputati saranno ampiamente morti per vecchiaia.

Dirà il mio eventuale lettore: «Ma come può essere possibile? Sarà un caso?». Ed io non potrò che dirgli: «Sbagli mio caro, è quasi la regola e non solo a Napoli ti assicuro». Sfogliando l’agenda vedo un altro processo su cui pure ci sarebbe tantissimo da scrivere. L’imputato risponde di aver venduto ben 27 Cd contraffatti nel 2004 – sì, nel 2004 avete letto bene! -. Diciotto anni per stabilire se e quale pena dovrà essere inflitta all’ormai canuto imputato che tanti anni fa si è imbattuto in questo ormai altrettanto canuto difensore che ancora aspetta la definizione di tante vicende anche molto più assurde di quelle che ho appena accennato. Ad esempio, aspetto ancora la fissazione, o meglio il pervenimento in Cassazione, di un altro processo per fatti del 2003 (diciannove anni fa) in cui tre dei quattro imputati sono stati assolti da gravissime imputazioni associative.

Il pm ha ritenuto di impugnare la sentenza assolutoria (confondendo nei suoi motivi di appello anche la sede dove operava e indicando un Tribunale per un altro). Il processo è quindi arrivato in appello dove si è ibernato per circa dieci anni e poi la Corte di appello, alla fine di tutto, ha confermato la decisione assolutoria del Tribunale dichiarando, e vorrei pure vedere, la prescrizione dei reati minori per l’unico tapino condannato che ancora aspetta da 19 anni di conoscere la sua sorte. Il tutto mentre i tre assolti sono stati per 19 anni senza dormire la notte, in attesa che la loro assoluzione venisse confermata anche in appello. Ma, nel frattempo, uno con un carico pendente di questo tipo come fa a trovare lavoro, come campa? E non continuo questo elenco disperato non perché non abbia da scrivere ancora. Se potessi, potrei riempire l’intero giornale con storie anche peggiori di queste, solo che alla fine sarei tanto noioso e ripetitivo che nessuno leggerebbe. Non diversa è la sorte delle denunce e, soprattutto, delle querele dove la disperazione di noi avvocati raggiunge, se possibile, ulteriori vette di dolorosa impotenza.

Ormai, forse anche per il palese ingolfamento degli uffici quasi tutte le denunce, anche per fatti davvero gravissimi e con rilevanti conseguenze economiche, vengono archiviate con motivazioni davvero sconcertanti e solo il clamore della stampa riesce, in qualche rarissimo caso, a farle fortunosamente rivivere. Tempo fa depositai una denuncia per maltrattamenti ed altro in favore di una donna marocchina cui il marito, di stretta osservanza islamica, tra l’altro voleva imporre di non uscire di casa e di indossare il velo, e solo una vivacissima campagna di stampa che stava per provocare una mezza crisi diplomatica ha spinto il pm a revocare la sua richiesta.

In quella denuncia la donna, che logicamente non ha un euro, chiese anche di essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato ma ad oggi non le hanno neppure risposto. E io, nel frattempo, ho dovuto anticipare spese vive e lavoro che non so se e quando mi verranno rimborsati. Io, che ho un animo missionario e posso permettermelo, l’ho difesa ugualmente e continuerò a farlo ma chi non dispone di queste possibilità o magari vuole solo essere pagato per il lavoro che fa? Come può sostenere questa situazione e poi è giusto che accada? È vero, per questa vicenda sono stato a cena con diversi ambasciatori che mi hanno anche applaudito e premiato, che un eminentissimo Monsignore mi ha degnato della sua benedizione e che mi hanno anche accompagnato in albergo in una splendida limousine con targa diplomatica, che qualche giorno dopo mi hanno anche invitato alla cena degli ambasciatori ma a me tutto ciò appare assolutamente surreale.

Lo smarrimento si acuisce quando si vedono invece processi per fatti del 2020 che vanno speditissimi e in cui si contesta l’appropriazione indebita di «2 mazzole, 2 scalpelli, 2 metri da misura, 2 tenaglie, un martello da carpentiere, tre lenze ed una livella» che l’imputato non ha restituito agli operai di cui si era servito. In questi termini mi pare evidente che l’istituzione giudiziaria nel suo complesso sia un mero costo per la collettività senza alcuna utilità apprezzabile.