La fine del governo scuote il Vaticano
La Chiesa condanna Salvini: “Trionfo di interessi beceri”
Democrazia a rischio, classi sociali svantaggiate ancora più in difficoltà e politicamente inascoltate. Tra questi due poli si svolge la riflessione preoccupata del mondo cattolico all’indomani della crisi di governo certificata dal capo dello stato. «La scelta di Conte e del Movimento 5stelle di rimettere in discussione in nome del popolo la vita del Governo Draghi non deve meravigliare. I populismi, infatti, sono come burrasche che si infrangono su tutto ciò che è Governo e istituzioni». Lo scrive il settimanale Famiglia Cristiana, nell’editoriale del numero in edicola e affidato al gesuita Francesco Occhetta. «I populismi sono movimenti storici ciclici che compaiono quando il popolo soffre e subisce crisi finanziarie, l’aumento della disoccupazione, flussi migratori, l’incremento delle spese militari, il coinvolgimento nei conflitti, la crisi della classe media, la corruzione della classe politica e la constatazione che le classi dirigenti da popolari diventano aristocratiche».
Il populismo ha memoria corta e vive un “eterno presente liquido” in cui «è possibile essere prima populisti e poi europeisti; filorussi e, poco dopo, favorevoli alla Nato; statalisti e poi liberali; alleati della destra e poi della sinistra», «strumentalizzando il popolo che ha la responsabilità di avergli affidato una delega in bianco». Se “anche la Chiesa” ha una responsabilità, ora «è urgente un accordo di sistema strategico, non politico, tra la destra e la sinistra per garantire che il Paese rimanga nel quadro costituzionale e negli accordi internazionali presi e sia in grado di affrontare i grandi temi sociali dal lavoro al sostegno di famiglie e imprese. È il segno della scissione tra demos (popolo) e kratos (potere) che ha screpolato il cristallo della democrazia». All’analisi fanno da contrappunto le riflessioni sintetiche sui social media del vescovo ausiliare di Roma Benoni Ambarus. «E così – commenta sul suo profilo Twitter – anziché pensare al bene comune, oggi buona parte della classe politica ha dimostrato che pensa solo al proprio interesse, becero ed egoista. E così, ancora una volta, questa crisi la pagheranno le persone più deboli. Che tristezza».
Nei giorni scorsi all’approssimarsi della crisi il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, parlava di «grande preoccupazione alla situazione politica che si sta determinando e che rischia di sovrapporsi ad una fase di crisi più generale che sta già incidendo in modo pesante sulla vita delle persone e delle famiglie». Riferendosi alle emergenze: guerra in Ucraina, inflazione, pandemia, precarietà lavorativa, aveva chiesto uno scatto di responsabilità in nome dell’interesse generale del Paese che deve prevalere sulle pur legittime posizioni di parte per identificare quello che è necessario e possibile per il bene di tutti». Due giorni fa era intervenuto con un’intervista al Corriere della Sera mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Parlando nella veste di coordinatore della Commissione governativa per la riforma dell’assistenza agli anziani. «Con un’iperbole, ma non tanto, direi al presidente Draghi che, tra le varie ragioni, ci sono anche quattordici milioni di anziani che vivono in Italia a chiedergli di restare». Aggiungendo: «Mi auguro comprenda quanto sia essenziale che resti. Ci sono responsabilità più grandi delle nostre condizioni e sensibilità personali. Capisco tutte le difficoltà, ma è importante che il presidente del Consiglio e il governo, in un momento difficile come questo, possano continuare a svolgere la loro opera».
E adesso tra i provvedimenti congelati c’è anche la legge-delega sulla riforma dell’assistenza agli anziani che il governo non ha fatto in tempo ad approvare. Ma anche prima della crisi, i segnali di allarme sulla situazione politica erano stati raccolti dalla parte più sensibile e ricettiva del mondo cattolico. I Dehoniani di Bologna, attraverso Settimananews, sito di notizie ed approfondimenti, avevano commentato lo “stato di salute” del cattolicesimo democratico prendendo spunto da un articolo di Marco Damilano, ex direttore de L’Espresso. “Settimananews” sottolineava la corresponsabilità del mondo cattolico per non essere stato “all’altezza” della tradizione democratica dei decenni passati. Tuttavia «davanti alla crisi nostrana della democrazia, la società non è innocente ma coprotagonista di una trasformazione della politica da negoziazione delle conflittualità sociali a specchio narcisistico della loro implementazione istituzionale. A questo si unisce l’incuria nei confronti delle istituzioni ridotte a erogatrici di soddisfazione dei nostri bisogni privati e dei desideri rivendicati come diritti inalienabili. L’esplosione e il tramonto del movimento 5stelle ne è un esempio». Da qui l’auspicio che quanto prima inizi “un dibattito su cattolici e politica” perché «hanno contribuito sia a scrivere alcune delle pagine più luminose della nostra democrazia, sia a indebolirne in molti modi gli assi portanti negli ultimi decenni».
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