Eugenio Albamonte è un importante magistrato italiano. È il segretario di Area Democratica per la Giustizia. Dal 2017 al 2018 è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati e il suo mandato ha segnato il periodo di maggiore equilibrio e ragionevolezza per il sindacato delle toghe, più lontano dal delirio giustizialista che imperversa nella società e che lui stesso condanna, come dimostrano anche le sue parole di pochi giorni fa a Radio Radicale.

Intervistato martedì scorso a “Radio Carcere” da Riccardo Arena e Rita Bernardini sulle misure adottate dal governo per prevenire la diffusione dell’epidemia nelle carceri, Albamonte non ha usato mezzi termini. Ha ricordato di aver sollecitato subito “la politica” e “in particolare il ministro della Giustizia” sul pericolo per le carceri quando il virus ha fatto la sua comparsa nel nostro Paese e si è detto preoccupato perché continua ad affermarsi «la visione del “buttiamo la chiave”», basata «sulla vulgata che il carcere duro, il carcere crudo sia l’unico modo di difendere la società e che passa poi attraverso anche il panpenalismo a cui stiamo assistendo», «una visione populista della giustizia penale e del carcere, dalla quale non si riesce a venir fuori neanche in momenti di drammaticità eccezionale come quelli che siamo vivendo».

Duro il giudizio sulle misure varate dal governo: «bastava un po’ più di coraggio», ha detto, «era sufficiente fermare il proprio intervento nel semplificare le procedure per il riconoscimento della detenzione domiciliare, piuttosto che invece creare una misura nuova, che è la misura della detenzione col braccialetto, con l’ipocrisia di chi sa benissimo che i braccialetti non ci sono».  «Il ministro – ha sottolineato Albamonte intervenendo a Radio Radicale – non deve guardare il consenso, ma deve assumere una decisione coraggiosa, ovvero applicare senza braccialetti le misure di detenzione domiciliare, ampliarla eventualmente ai due anni, in modo tale da sfoltire molto rapidamente la popolazione carceraria. Se contemporaneamente si fa anche un lavoro di monitoraggio della presenza del virus, facendo tamponi individuali e censendo la popolazione dal punto di vista della positività, quello sarebbe la base di una qualsiasi operazione di messa in sicurezza».

E invece, ha proseguito il magistrato «La mia preoccupazione è che questo non si faccia perché poi non si sa come gestire il dato», «Quando i numeri sono noti, a quel punto bisogna intervenire. Così, pur di non intervenire, non si censisce neanche la situazione. Questa è la cosa più pericolosa che in questo momento possa accadere». Albamonte ha poi osservato come questo sia «il momento migliore per un’apertura di credito nei confronti di forme di detenzione domiciliare che mai come in questo periodo verrebbero rispettate, proprio per il contenimento sociale, c’è un controllo così capillare di chi sta in giro. Nessuno può pensare di andarsene in giro tranquillamente, ancor più a commettere reati impunemente».

Dopo aver denunciato lo scarso coraggio e l’ipocrisia delle misure messe in campo dall’esecutivo, dai microfoni di Radio Radicale l’ex presidente dell’Anm richiama a un senso di responsabilità anche le opposizioni che «stanno facendo argomento di propaganda politica, instillando nella cittadinanza il terrore che con queste misure chissà che cosa avremmo in giro per le strade, carcerati messi in libertà che saccheggeranno il Paese». Una situazione come quella che stiamo vivendo, ha proseguito, richiede «a tutte le forze politiche, anche alle opposizioni di avere un atteggiamento ragionevole. Questo però non avviene».

«C’è un tema dunque di responsabilità collettiva: di chi non adotta le misure temendo per il consenso, ma anche di chi fa propaganda – ha denunciato Albamonte – gridando alla liberazione di chissà quali folle di pericolosissimi soggetti per le strade, a causa di quelle scarse e inadeguate misure che sono state prese dal governo».

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