I recentissimi sbarchi di massa dalle navi della Ong di immigrati in corso in Italia non possono non indurre ad alcune riflessioni di ordine politico istituzionale. Non è questa la sede per affrontare il fenomeno in termini ideologici o etici su cui possono esistere ed esistono posizioni assolutamente divergenti e su cui non voglio entrare perché tutte le diverse sensibilità che esistono meritano comunque il massimo rispetto ed anche per non abusare dello spazio che mi viene assai generosamente concesso su queste pagine, ma è assolutamente un fatto che il fenomeno in tutto il bacino mediterraneo interessi in maniera assai massiccia soprattutto il nostro Paese.

È inoltre assolutamente un fatto che i governi “politici” che si sono susseguiti in questi anni ricevendo, piaccia o non piaccia, un ampio consenso elettorale proprio su questi temi hanno poi dovuto abdicare immediatamente lasciando scendere e rimanere in Italia tutti coloro che sono riusciti a giungere sulle nostre coste. È inoltre un fatto che anche la Chiesa, che in un primo momento ha esplicitamente sostenuto gli arrivi, ora sembra avere assunto un atteggiamento più prudente ma, nonostante il più o meno condivisibile atteggiamento chiaramente ostile dell’elettorato e delle forze politiche prevalenti, il fenomeno, giusto o non gusto che sia, si sta intensificando e sembra del tutto inarrestabile. A questo punto bisogna chiedersi le ragioni per le quali l’Italia, nonostante gli esiti elettorali, sia divenuta ormai stabilmente la porta di ingresso dell’Europa. A ben vedere la ragione è evidente e chiarissima e la si trova nelle intercettazioni emerse nella vicenda Palamara. Secondo quanto riportò La Verità nell’agosto 2018, a proposito della questione migranti e le presa di posizione di Salvini, il capo della Procura di Viterbo Paolo Auriemma (non indagato) disse a Palamara: «Salvini indagato per i migranti? Siamo indifendibili». Ma Palamara replicò: «No hai ragione, ma ora bisogna attaccarlo».

Queste conversazioni finite tutte nel dimenticatoio, come sempre accade in questo Paese quando un fatto è troppo grosso per poterlo affrontare, unitamente alle successive vicende giudiziarie e la sconcertante vicenda dello speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza ci spiegano le ragioni del fenomeno che ci rende assolutamente unici in tutta Europa. Ripeto, in questa sede non voglio entrare nel merito di quanto è accaduto ed accade e dire se secondo me sia giusto o sbagliato ed anche se sia sostenibile dall’ Italia o dall’Europa ma solo comprendere ed interpretare le ragioni di questo stato di cose. Ebbene, secondo me la ragione di quanto accade, piaccia o non piaccia, sta soprattutto nella riforma legislativa che nel 1993 ha soppresso l’immunità parlamentare determinando il totale squilibrio dei poteri e nei poteri e svuotando di ogni contenuto reale la democrazia rappresentativa. Non nascondiamoci dietro un dito, la vera ragione di questo stato di cose è il fondato timore della politica di assumere iniziative di contrasto effettivo verso gli sbarchi per il timore di subire gli attacchi del potere giudiziario o meglio dei pm.

In effetti al giorno d’oggi i poteri dei singoli uffici di Procura sono amplissimi e sono acuiti dal fatto che le norme sulla competenza territoriale sono opinabilissime. In pratica ogni pm può indagare ed emettere provvedimenti a suo piacimento. Del resto mi pare che anche l’attuale ministro della giustizia ritenga necessario il ripristino proprio dell’immunità parlamentare, staremo a vedere. Si potrà dire che se ciò avvenisse la lotta alla corruzione si indebolirebbe; ora, a parte il fatto che non mi pare che con la riforma del ’93 il fenomeno della corruzione si sia ridotto, certamente si è molto ridotta la nostra libertà e, a questo punto, c’è da chiedersi quale è il prezzo che su questi temi ancora si vuole e si può pagare. Oggi è così con l’immigrazione ma se il fenomeno si consolidasse e ampliasse anche in ambito industriale, come del resto è già avvenuto a Taranto, cosa accadrebbe o magari accadrà? A me pare evidente, quale che sia l’atteggiamento verso le migrazioni, che un riequilibrio del rapporto tra e nei poteri dello Stato sia indispensabile ed urgente e che lo snodo fondamentale di questo riequilibrio non possa non essere il ripristino dell’immunità parlamentare e magari anche l’introduzione di rigide incompatibilità che regolino l’accesso in politica dei magistrati.