“Mio marito e mia figlia stavano lì, a Beirut, a sei chilometri di distanza dall’esplosione. Pensavano che il palazzo stesse cadendo a causa di un terremoto. Per qualche secondo hanno perso l’udito, poi si sono resi conto di quello che era realmente accaduto”.

E’ il racconto di Maria Russolillo, 58enne napoletana che dal 1992 vive in Libano dopo aver sposato l’ingegnere Kamel Chahrour, conosciuto nel capoluogo partenopeo.”Frequentava la facoltà di ingegneria a piazzale Tecchio, io invece lavoravo come infermiera a villa Cinthia in via Epomeo, a Soccavo. Dopo la laurea ci siamo sposati ma poi abbiamo deciso di trasferirci in Libano perché mio marito a Napoli non trovava lavoro“.

Originaria del quartiere di Pianura, la donna ha voluto tranquillizzare anche attraverso la pagina “Pianura e dintorni” i suoi concittadini.

Maria, pronipote del Beato don Giustino Maria Russolillo, dall’inizio della pandemia di coronavirus vive in un paesino di montagna che si trova a una settantina di chilometri dalla capitale libanese. “Ma abbiamo casa anche a Beirut perché mio marito lavora lì. Scende due giorni a settimana in città e martedì 4 agosto si trovava lì con mia figlia di 27 anni”.

Per fortuna la sua abitazione non è stata danneggiata dall’esplosione perché “c’erano le finestre aperte e quindi non c’è stata pressione”. Madre di cinque figlie femmine, Maria ricorda quei drammatici momenti: “Eravamo fuori al giardino e anche a 70 chilometri di distanza abbiamo sentito il boato. L’esplosione ha interessato anche il mare e si è sentito prima un rimbombo spaventoso, poi un risucchio”.

Maria conosceva alcune delle oltre 150 vittime come “la ragazza che lavorava dei vigili del fuoco, intervenuti inizialmente per domare l’incendio nel deposito di fuochi d’artificio prima della drammatica esplosione”.

Per le prossime settimane la sua famiglia continuerà a vivere nel paesino di montagna fuori Beirut. “C’è paura, tensione per quello che è successo. Qui da diversi mesi, diciamo da gennaio, la situazione è cambiata radicalmente e stiamo vivendo una forte crisi economica dovuta soprattutto al rincaro del dollaro che ha toccato cifre assurde. Stanno giocando troppo con la moneta americana”.

Basti pensare che “un dollaro prima valeva 1500 lire libanese. Adesso ne vale 10mila lire”. Un rincaro clamoroso che ha messo in ginocchio l’economia del piccolo paese del Medio Oriente dove da settimane ci sono le proteste dei cittadini contro il Governo. Una crisi economica che ha provocato la chiusura di molte attività, soprattutto straniere, creando un tasso di disoccupazione elevato.

“Mio marito è nell’edilizia e ha difficoltà a pagare i 40-50 operai che lavorano con lui perché le banche non consentono di prelevare più di 2 milioni di lire libanesi al mese”. Nonostante il rincaro del dollaro la sua famiglia, che ha diversi immobili in fitto, ha mantenuto  i prezzi di sempre ma “ora è dura continuare ad andare avanti in queste condizioni”.

In Libano però – ci tiene a precisare Maria – si è sempre vissuto bene. C’è integrazione tra cattolici e musulmani. “La gente qui ha lo stesso calore dei napoletani, lo stesso amore per la famiglia, per lo stare insieme. Poi il lungomare mi ricorda quello partenopeo” commenta la 58enne.

Maria, tuttavia, non torna a Napoli da decenni. “I primi anni dopo il trasferimento qui in Libano tornavo spesso a Napoli. Poi dopo l’attacco alle Torri Gemelle nel 2001 ho iniziato ad avere il terrore degli aerei. Stavo ritornando nel 2006 ma poi c’è stato l’attacco israeliano durato poco più di un mese. Spero però di farmi coraggio e tornare presto, magari insieme a figlie e nipoti per una piacevole vacanza”.

 

Avatar photo

Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.