Il caso
Pasticcio del Senato: dà l’ok alle intercettazioni su Cesaro già bocciate dai giudici…
In pratica il Senato ha autorizzato l’utilizzo di una fonte di prova che non è utilizzabile. Sì, perché a ottobre scorso il giudice Nigro del Tribunale di Napoli Nord aveva escluso il valore di prova di quelle conversazioni telefoniche e ambientali captate dagli inquirenti nell’ambito delle indagini su un presunto voto di scambio nel periodo tra maggio e giugno 2015 quando in Campania si tennero le elezioni regionali. La decisione del giudice, in linea con la tesi difensiva dei Cesaro (avvocati Alfonso Furgiuele, Vincenzo Maiello, Michele Sanseverino), si allineava a quanto stabilito dalla Cassazione a Sezioni unite con la famosa sentenza Cavallo. Si allineava, cioè, alla tesi per cui le intercettazioni cosiddette “a strascico” non possono essere utilizzate nei processi, mettendo così un freno al flusso di intercettazioni da un procedimento all’altro senza una specifica autorizzazione e stabilendo che non si può chiedere l’arresto o la condanna di una persona sulla base del contenuto di conversazioni captate nell’ambito di un’indagine in cui quell’atto di indagine non sia stato specificamente autorizzato.
Il 25 giugno prossimo il processo dinanzi al Tribunale di Napoli Nord si avvierà alla conclusione e dovrà inevitabilmente tener conto del fatto che le intercettazioni su cui l’accusa ha fondato gran parte delle sue convinzioni non saranno utilizzabili. Ieri, su quelle stesse intercettazioni, si è pronunciato il Senato. Una decisione che appare fuori tempo visto il corso che, nel frattempo, ha preso il via il processo nelle aule di tribunale. «La pronuncia del Senato rispetto a queste intercettazioni non ha più alcuna rilevanza», spiega il professor Alfonso Furgiuele, difensore di Cesaro. «Viceversa – aggiunge – per il processo che si sta celebrando dinanzi al gup Cerabona è stata chiesta l’autorizzazione del Senato all’utilizzazione delle intercettazioni del senatore Cesaro e rispetto a questa richiesta il Senato non si è ancora pronunciato». L’iter, in questo caso, è ancora in corso.
Tuttavia, una prima pronuncia già c’è stata. «La giunta per le autorizzazioni a procedere – spiega il difensore – ha proposto all’aula di autorizzare l’utilizzazione di sei conversazioni delle 21 per le quali era stata avanzata richiesta da parte del gip in occasione della richiesta di misura cautelare avanzata dalla procura di Napoli». Dunque 15 conversazioni – su un totale di ventuno – sono state già ritenute non utilizzabili dalla giunta. Il riferimento è a un’ulteriore inchiesta della Procura di Napoli nella quale Luigi Cesaro è indagato assieme ai fratelli e la sua posizione è stralciata proprio in attesa della decisione sulla utilizzabilità delle intercettazioni.
Ma cosa stabilisce la sentenza Cavallo a proposito dell’uso di questa fonte di prova? La sentenza sancisce che non possono essere usati come fonte di prova i contenuti di telefonate e colloqui intercettati nell’ambito di indagini per reati diversi e senza alcuna connessione forte con quelli per i quali le intercettazioni sono autorizzate. In questo modo la Suprema Corte ha riportato la norma sulle intercettazioni in un binario ben preciso e lontano dall’orientamento che si stava diffondendo in molte inchieste, mettendo dei paletti all’uso indiscriminato delle intercettazioni in più procedimenti e individuando precisi presupposti affinché, posto che c’è un’autorizzazione, tutto quello che ne deriva è utilizzabile.
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