Giustizia ingiusta
Prima in carcere e poi a processo: una persona su tre aspetta la sentenza dietro le sbarre
Carcere, diritti, giustizia. Se ne tornerà a parlare durante la prossima campagna elettorale, c’è da aspettarselo. Questi argomenti sono in genere molto buoni per riempire di contenuti discorsi e proclami politici, salvo poi essere abbandonati nel deserto di iniziative che separa le parole dai fatti. Uno degli scogli più grandi da superare, per chi davvero volesse affrontare seriamente il tema carcere è quello della detenzione preventiva. Cioè, il ricorso alla custodia cautelare che da extrema ratio, da adottare in casi di conclamata e reale pericolosità sociale, è finita per essere una pratica molto usata dai pm.
Tutto questo, in un sistema giustizia che non funziona come dovrebbe e che ha tempi di definizione dei processi estremamente lunghi, biblici si direbbe, genera drammi e casi di malagiustizia. Perché? Perché in molti casi la custodia cautelare si tramuta in una sorta di anticipazione della condanna, a prescindere quindi dall’esito del processo: della serie, prima ti sbattiamo in carcere e poi verifichiamo se sei innocente o no. Nei paesi dell’Unione europea un detenuto su cinque si trova in cella pur non essendo stato condannato per alcun crimine. SI contano in totale oltre 98mila persone in detenzione detentiva. In Italia circa un terzo della popolazione è in carcere in via cautelare. In Campania idem: su 6.687 detenuti presenti nelle carceri della regione si contano 4.367 detenuti con almeno una condanna e 2.500 che sono invece in cella senza ancora una condanna definitiva.
Tutto questo – sottolinea Openpolis riportando i dati di un’inchiesta di Deutsche welle – accade «nonostante gli studi suggeriscano che la detenzione preventiva, nella maggior parte dei casi, non sia necessaria. Oltre al fatto che ricorrere a modalità alternative per gestire persone non ancora condannate aiuterebbe a contestare il sovraffollamento carcerario. Un problema sentito in tutti i Paesi dell’Unione europea». Già, il sovraffollamento quello che ogni politico in campagna elettorale promette di voler contrastare e che poi puntualmente ignora. È bene ricordare che quando si parla di detenzione preventiva si parla di presunti innocenti per i quali non c’è stata ancora una sentenza, non una condanna definitiva. «Come evidenzia l’ultimo report del Consiglio d’Europa – ricorda Openpolis – si tratta di quasi 100mila persone detenute senza condanna per periodi estremamente variabili, che possono essere di alcuni mesi come di più di un anno, a seconda del Paese». Secondo gli studi condotti sulla detenzione preventiva, la maggior parte delle persone detenute preventivamente sono accusate di aver commesso crimini minori e in prevalenza sono stranieri, disoccupati e senzatetto.
Dati che stridono enormemente, soprattutto in Italia, con i principi costituzionali per cui il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio e non la soluzione ai drammi sociali e alle carenze delle istituzioni. Se si considera la condizione delle carceri in Europa, e in Italia (pensiamo, noi che siamo napoletani, a quel che sono Poggioreale, per esempio, carcere vecchio e superaffollato, o Santa Maria Capua Vetere, carcere senza acqua potabile), è chiaro che la detenzione preventiva si rivela particolarmente dura e devastante per una persona innocente fino a prova contraria. «Le persone possono essere rinchiuse per 23 ore al giorno e avere pochi contatti con il mondo esterno e poche attività a disposizione per trascorrere il tempo. Come mostra un recente studio – si legge nel report sulla detenzione preventiva – le misure di reintegrazione come il lavoro e i programmi sociali non sono messe a disposizione dei presunti innocenti, i quali sono inoltre esposti a una condizione di forte incertezza rispetto al proprio futuro». Una devastazione nella vita di troppi: dagli studi è emerso, infatti, che circa la metà dei casi di custodia cautelare terminano senza una condanna.
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