Le premesse erano rosee, la candidatura di Manfredi doveva aprire una nuova stagione di collaborazione istituzionale tra il Comune e la Regione, dopo la gestione conflittuale di de Magistris, e invece i rapporti tra le due istituzioni sono sempre più difficili. Dopo lo scontro sui fondi al San Carlo, dopo la querelle, non ancora risolta, sul progetto di una holding regionale dei trasporti, a cui il sindaco ha contrapposto la sua idea di una omologa holding municipale, il nuovo motivo di contesa è sulla storica incapacità dell’amministrazione municipale a spendere integralmente i fondi europei, pesante accusa lanciata da De Luca.

Ancora una volta una polemica tra due amministrazioni che hanno entrambe grosse responsabilità storiche nella gestione dei fondi europei. Certo, non si può imputare al neosindaco nessuna colpa specifica, dato che governa la città da poco più di sei mesi. Ma non si può nascondere una certa delusione per queste prime battute. Manfredi è un tecnocrate prestato alla politica (si direbbe quasi tirato per la giacca) e rappresenta le élite intellettuali provinciali chiamate a colmare il vuoto di una classe politica cittadina ormai da anni incapace di esprimere leadership di rilievo (e anche il provinciale De Luca è un prodotto di questo stesso vuoto). Eppure, la sua caratteristica di tecnocrate fino ad ora non è emersa, non è emersa cioè una chiara sua visione del futuro della città espressa in una concreta attività di programmazione e di indirizzo.

Tra i tanti fondi a rischio per assenza di programmazione ci sono i 54 milioni del grande progetto Centro Storico Unesco, indirizzati alla valorizzazione dei principali monumenti dell’area e a interventi sul tessuto urbano e sulla gestione degli spazi pubblici, integrati dai 20 milioni stanziati dal Fondo Sviluppo e Coesione 2014 – 2020, messi a disposizione dal governo, e anche questi ultimi non ancora spesi, con scadenza fissata al giugno 2024. In quasi dieci anni e con a disposizione i fondi europei e nazionali ben poco si è fatto per avviare il risanamento del centro storico, un’area, lo ricordiamo, vastissima con i suoi 17 km², ossia il 14,5% dell’intera superficie comunale, di cui 10,21 km², è stata dichiarata, nel 1995, patrimonio dell’umanità dall’Unesco per i suoi eccezionali monumenti che testimoniano la straordinaria stratificazione a cielo aperto di culture mediterranee.

Le potenzialità di quell’area sono enormi, così come enormi sono i problemi da risolvere, a cominciare dal disagio sociale e dal tasso elevato di criminalità. Il punto non è spendere i fondi (compresi quelli del Pnrr), ma come farlo. In vista della loro imminente scadenza, la Regione ha “inventato” 17 progetti per spendere i fondi residui entro la fine del 2023. Così cento cantieri si apriranno al solo scopo di utilizzare questi fondi residui e rattoppare qualche situazione di emergenza. Ma non è questo il modo per definire una politica di sviluppo. E speriamo davvero che l’amministrazione comunale non si riduca ad adottare lo stesso metodo del rattoppo; occorre un cambio di passo, di prospettiva, superando il modello di emergenza

e avviando una seria stagione di pianificazione degli interventi urbanistici. La fortunata combinazione per la città di avere un sindaco ex rettore non ha dato ancora i suoi frutti. Da un sindaco rettore ci si sarebbe aspettato un intervento forte sull’area del centro storico che ospita due importanti atenei (Federico II e Orientale) che ora è stretta nel degrado più totale, esempio tipico di quel caos napoletano, tanto pittoresco per l’occasionale turista nordico, quanto girone infernale per lo studente pendolare. Questa amministrazione in sei mesi non ha neppure elaborato un nuovo piano di traffico per l’area, dato che Corso Umberto è divenuto, nel modo più irrazionale per un’area di centro storico, una pericolosa strada a scorrimento veloce. E allora perché non si utilizzano subito i fondi disponibili per chiudere al traffico la zona tra Piazza Nicola Amore Piazza Giovanni Bovio, creando una vasta area pedonale e ponendo le premesse urbanistiche per una cittadella universitaria immersa nel centro storico? (lo chiediamo all’assessore all’urbanistica Laura Lieto).

Tale zona pedonale, servita da parcheggi pubblici ai suoi confini, collegata al resto del centro storico pedonalizzato, dovrebbe essere dotata di un arredo urbano decoroso e si dovrebbero abbattere o ristrutturare i palazzi fatiscenti della zona, procedendo anche con espropri. Una tale area universitaria, costituirebbe un polo di sviluppo della città e potrebbe essere posta sotto la gestione diretta degli stessi atenei coinvolti, attirando investimenti, turismo qualificato ed iniziative culturali. Ci rendiamo conto che queste sono scelte che richiedono coraggio, si tratta di eliminare privilegi e rendite di posizione, ma non esiste un’altra via. Il resto è soltanto retorica e spreco.