Come ministro degli Esteri lavorò per la cooperazione tra i popoli: un lavoro incompiuto vuoi per lo sconvolgimento degli eventi geopolitici internazionali vuoi per Tangentopoli. Ma GDM resta tra i migliori ministri degli Esteri che l’Italia abbia avuto. E ciò gli viene riconosciuto da amici ed avversari soprattutto a livello internazionale.
Chiaramente, si contraddistinse come uomo di governo, ma approfondì temi politico-culturali che fino allora erano tabù: lo scontro sinistra/destra e il rapporto tra riformismo e neo riformismo. Sullo scontro sinistra/destra, ribadì che «non c’è più la possibilità di una contrapposizione nitida tra due grandi schieramenti politici o sociali, non c’è più la possibilità di una alternativa tra destra e sinistra, perché non c’è più la base sociale di una spartizione nitida tra interessi conservatori e interessi progressisti o di liberazione». «Oggi – spiegava – c’è la possibilità di cambiamento tra centrosinistra e centrodestra». Ne consegue che il centro acquisterebbe un ruolo decisivo.
Cosa possiamo dire di questa riflessione? Molta acqua sporca è passata sotto i ponti, acqua non potabile per colpa della sinistra post Mani pulite, che ha portato prima al governo la destra camuffata di liberalismo, poi la destra sovranista e poi ancora la destra populista assistenzialista. Il discorso sul rapporto tra riformismo e nuovo riformismo è interessante e attuale. Poche parole sono oggi abusate come il riformismo, ragion per cui GDM parla di neoriformismo. Per quanto ci riguarda il riformismo, per intenderci quello classico della tradizione turatiana – il riformismo antitesi della rivoluzione – è stato archiviato da parecchi decenni, resta «il nuovo caratterizzato dall’assenza del fine ultimo o di un modello». In tempi non sospetti, metà anni Ottanta del Novecento, GDM vedeva il neoriformismo in lotta contro «il movimentismo che è a monte del populismo e del fondamentalismo. Spesso hanno radici giuste, ma poi non esprimono nessun tipo di soluzioni giuste. L’unica strada per rispondere al populismo/fondamentalismo ed evitare il rischio del loro dialogare è il neoriformismo».
In modo schematico, per facilitare la spiegazione della categoria del nuovo riformismo puntualizziamo: mondializzazione dei problemi; cambiamento dal lavoro manuale e meccanico a quello informatico per arrivare alla intelligenza artificiale; il tenore di vita è cambiato e sono emersi nuovi bisogni con una rivalutazione dei meriti.
Orbene, le radici del riformismo del nuovo evo sono: da un lato, la scoperta delle libertà civili e politiche, che comportano anche libertà dal bisogno, dall’altro, contro ogni forma di economia statalista e un egualitarismo non livellatore. Infine, il nuovo riformismo è vitalmente impegnato con i problemi dell’ambiente e della salute, rifiutando ogni preconcetto di società industrializzata. In sintesi, ho voluto celebrare l’anniversario della morte: dando a GDM quello che è di GDM.
© Riproduzione riservata