Se la qualità dei servizi comunali è pessima, la colpa principale sta nel malfunzionamento e nella cattiva gestione delle società partecipate del Comune. Una responsabilità e una mancanza che non viene contestata dai clienti della società, anzi, dal singolo cliente, perché spesso le partecipate hanno un solo socio; il Comune, e un solo cliente; il Comune, che sceglie per noi cittadini anche se non siamo d’accordo. In pratica è una questione tutta interna all’ente pubblico. Il Comune costituisce la società partecipata, ne possiede tutte le quote societarie e ne diventa cliente esclusivo perché nessun altro cliente è interessato ai servizi.

Il disastro di Asìa Spa, la società comunale che si occupa dei rifiuti e della pulizia delle strade cittadine di Napoli è l’esempio lampante di come questa formula di gestione di settori della pubblica amministrazione abbia completamente fallito a certe latitudini. Almeno dalle nostre parti dove ultimamente si è scelto come presidente di questa società una persona inesperta del settore rifiuti ma brava con la pasticceria, come descritto nel suo curriculum. Lo scopo, la mission delle società partecipate è quello di sfruttare il Know how, il bagaglio di esperienza acquisito nella gestione dei servizi, per aprirsi al mercato e offrire la propria opera ad altri enti pubblici e aziende private. La crescita che si ipotizzava doveva essere una splendida occasione per i Comuni, utile per valorizzare la loro attività portandola all’esterno al fine di incassare introiti diversi dalle tasse, dalle tariffe, dai trasferimenti statali e da tutto quello che rappresentavano fino a quel momento le partite attive dei bilanci comunali.

Le stesse società potevano cedere quote a privati, creare joint venture o altro per diventare più forti, redditizie e competenti sotto l’aspetto finanziario e soprattutto tecnologico. In alcune realtà principalmente del Nord, tale opportunità si è effettivamente trasformata in un successo imprenditoriale e fonte di lauti guadagni per i Comuni, operazioni utili anche per creare opportunità di lavoro vero e non assistenziale. Un esempio per tutti è la società AMSA di Milano che insieme ad un’altra società del Comune di Brescia è confluita in A2A spa, il famoso colosso Multi-Utility, quotato in borsa, che opera nei settori ambiente, energia, calore, reti e tecnologie per le città intelligenti. Addirittura, produce, distribuisce e vende energia elettrica a cittadini utenti. Una società ovviamente attiva nella gestione rifiuti, nei servizi ambientali e nello sviluppo di prodotti e nei servizi per l’efficienza energetica, l’economia circolare, la mobilità elettrica e le Smart city.

Il Comune di Milano insieme a quello di Brescia si dividono il 50% delle azioni, il restante è sul mercato azionario. Un altro mondo rispetto al nostro, purtroppo. Il Comune di Napoli invece, nel 2018 ha addirittura venduto le quote societarie che aveva nella Gesac spa, la società che gestisce l’aeroporto di Capodichino, l’unica partecipazione che generava utili. La A2A, peraltro, ci riguarda molto da vicino, perché gestisce perfino il termovalorizzatore di Acerra, dove viene conferito il rifiuto indifferenziato di Napoli. Un impianto che in linea di logica e di principio dovrebbe gestire la nostra Asìa spa. Un principio però inapplicabile per l’assoluta inadeguatezza della nostra partecipata. Una vergogna politica e amministrativa di proporzione enorme cui poco si parla.

Le nostre partecipate, di cui ci auguriamo il rilancio ad opera della nuova amministrazione, sembrano finora essere servite solo a sistemare riferimenti politici nei consigli di amministrazione e, come ci raccontano anche le cronache di questi giorni, a creare posti di lavoro con metodi discutibili, aggirando concorsi pubblici con contratti a tempo indeterminato attraverso agenzie interinali che poi diventa stabili dopo qualche anno. A detta di tanti, veri e propri feudi sindacali e bacini elettorali di taluni personaggi politici che fanno il bello e il cattivo tempo passando di maggioranza in maggioranza, rinnegando la precedente e sempre in prima fila per la successiva. Queste compagini sono servite a indebitare sempre più l’intera amministrazione del Comune di Napoli, facendo schizzare il debito monstre a ben cinque miliardi di deficit.

Queste società, avendone possibilità giuridica, scontano in banca le fatture milionarie che emettono mensilmente al Comune che a sua volta non riesce a pagare facendo così generare cifre esorbitanti di interessi bancari, che insieme ad altre perdite, vanno ad ingrossare il passivo gigantesco del bilancio consolidato del Comune di Napoli. Riuscirà Gaetano Manfredi a cambiare tutto questo, riuscirà nel medio periodo ad estirpare l’inefficienza che avvolge le società partecipate? Ai posteri.