La vittoria del Gualtieri riunificatore ha creato una spaccatura tra calendiani e renziani. L’ottimo risultato della lista dell’eurodeputato, che a meno di clamorose sorprese rinuncerà al seggio in aula Giulio Cesare, ha dato credito anche nazionale ad Azione che ora deve fare subito i conti con uno scenario potenzialmente esplosivo.

Nell’arco del Campidoglio si sederanno formalmente nei banchi dell’opposizione, due rappresentanti di Italia Viva e inizialmente due, poi tre di Azione, il partito fondato da Carlo Calenda. Ma queste cinque teste non ragionano allo stesso modo quando si tratta di valutare l’appoggio al neosindaco di Roma e alla sua larga maggioranza.

Il rischio sembra quindi quello di una possibile scissione della neonata lista, non sottovalutando poi la bagarre che si potrebbe innescare per la scelta del capogruppo. Stando ai numeri, con 3.320 preferenze il ruolo spetterebbe a Valerio Casini che insieme a Francesca Leoncini, Flavia De Gregorio, Dario Nanni (con Francesco Filippo Carpano pronto a subentrare), inizierà l’avventura in Campidoglio.

“È stato un grandissimo risultato, non abbiamo avuto dubbi ad appoggiare Gualtieri al ballottaggio” hanno detto i neoassessori entusiasti durante la festa per il nuovo sindaco a piazza Santi Apostoli, alla quale era presente anche il fedelissimo di Renzi, Luciano Nobili, “È la figura più giusta per traghettare Roma dopo questi 5 anni disastrosi e arginare la deriva di destra. Adesso tutti a lavoro per costruire un nuovo futuro per la Capitale”.

Matteo Renzi e, ça va sans dire anche Italia Viva, hanno appoggiato senza se e senza ma Gualtieri. Resta il fatto che l’intenzione di ampliare la maggioranza di centrosinistra abbracciando anche gli ‘azionisti’ non è un’idea condivisa da Calenda che ha twittato: “Ricordo a tutti gli eletti della lista Calenda Sindaco che abbiamo preso l’impegno, ripeto l’impegno – sottolinea l’eurodeputato – , con gli elettori di rimanere all’opposizione. Costruttiva ma ferma. E la parola data agli elettori da queste parti vale più di quella eventualmente data al proprio partito”.

Una vittoria quindi, quella di Gualtieri e, più in generale quella di Enrico Letta, che si trascina alle spalle tanti interrogativi per il futuro. “La grande alleanza democratica” come il neo sindaco di Roma chiama il progetto del segretario che si trova già fare i conti con uno scenario da rompicapo. Fosse per il Letta tutto si ridurrebbe ad una semplice somma di fattori: Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte più Azione di Carlo Calenda più Italia Viva di Matteo Renzi, uguale? “Siamo per le sfide impossibili”, ha scandito il segretario, sostenendo di voler emulare “Tom Cruise in Mission Impossible”.

Secondo Calendai Cinque Stelle, esattamente come i sovranisti Meloni e Salvini, sono inaffidabili nella gestione di governo”. Parole che confermano l’indisponibilità a un’alleanza. Su questo punto l’ex viceministro si trova d’accordo con Giuseppe Conte secondo cui nel Movimento nessuno vuol sentir parlare di una coalizione con i liberali alla Calenda o alla Renzi.

L’avvocato del popolo ha piantato alcuni precisi paletti, confermando che a Roma e Torino il M5s sarà all’opposizione delle amministrazioni di centrosinistra. Atteggiamento che non preclude un cammino comune sul piano nazionale, a patto di tenere a distanza di sicurezza i centristi ma con una paura che corre sottopelle: il M5S non vuole trasformarsi in uno dei tanti ramoscelli sull’Ulivo lettiano.

La scelta di Letta ora, dopo aver saggiato la difficoltà della “grande alleanza democratica”, è tra continuare il percorso con i Cinque Stelle, o affidarsi a chi ha dato vita a due scissioni: Calenda e Renzi, cercando di tenersi per sé e per i suoi fedelissimi una poltrona. Per l’ex professore del corso di ‘Europa e populismi’ alla Sciences-Po di Parigi la scelta tra populisti, appunto, e riformisti sembra un rebus dal risultato scontato, sempre che questi ultimi non lo accoltellino alle spalle.

Riccardo Annibali

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