Una caccia cominciata a partire dagli intellettuali che tenevano in vita la produzione cinematografica di Hollywood e che avevano in gran maggioranza sentimenti fortemente simpatizzanti per il comunismo sovietico e che avevano fatto la loro parte durante il conflitto contro la Germania nazista. L’opinione pubblica americana, appena uscita dalla tremenda depressione iniziata alla fine del 1929 che gettò milioni di americani nella miseria, era stata totalmente ostile all’entrata in guerra contro la Germania nazista, ricordando il costo dell’intervento in Europa nel 1918 (durante il quale i soldati americani del Kansas portarono inconsapevolmente il virus dell’influenza poi detta “Spagnola” che causò fra i 50 e i 100 milioni di morti).

Le minoranze americane di origine tedesca erano filonaziste come quelle italiane erano filofasciste, ma l’attacco giapponese di Pearl Harbor nel dicembre del 1941 schierò di nuovo il patriottismo americano a fianco del Presidente. Le sinistre americane furono entusiaste di fare la loro parte quando l’Unione Sovietica fu invasa da Hitler nel giugno del 1941, ma l’inizio della Guerra Fredda con il discorso di Winston Churchill a Fulton negli Stati Uniti, quello in cui fu varata l’espressione “iron courtain”, la cortina di ferro, spaccò il Paese. Il servizio segreto Oss, pieno di agenti reclutati in campo repubblicano nella Lincoln Brigade durante la guerra civile spagnola, tutti molto vicini alle posizioni comuniste, fu chiuso dal presidente Truman che inaugurò nel 1947 la Cia, organizzata per combattere i comunisti esterni, mentre l’Fbi di J. Edgar Hoover si dava alla caccia dei comunisti interni.

Chi ha visto la stupenda serie The Americans (vincitrice assoluta di Emmy Awards) ha un’idea di come funzionavano in Usa le reti sovietiche e con quale potente appoggio interno. L’arrivo di JFK alla Casa Bianca, figlio di un ambasciatore americano irlandese che si era arricchito con il contrabbando di whisky, dette al mondo la sensazione del tutto nuova di una sinistra elegante, riformista e potente, che però fu costretta ad affrontare la crisi dei missili cubani che portò il mondo sul ciglio della catastrofe nucleare e poi all’assassinio dello stesso John Kennedy a Dallas, che diventò il giallo del secolo.

Robert “Bob” Kennedy, fratello del presidente ucciso e suo ministro della Giustizia come General Attorney (e che su preghiera del padre aveva allentato la presa sulla mafia guidata da Sam Giancana affinché questi portasse a John i voti del sindacato, e con cui divideva il letto di Marilyn insieme al fratello) fu subito il nuovo divo delle sinistre americane e mondiali. Nel frattempo, il presidente Johnson, succeduto a John come suo vice, si era impantanato nella guerra del Vietnam iniziata proprio da John, ma aveva compiuto la grande operazione della restituzione dei diritti civili alle minoranze nere del Sud. Bob era il darling mondiale della speranza di pace negli Stati Uniti, ma fece la stessa fine del fratello, ucciso a revolverate il 6 giugno del ’68 durante un comizio.

Oggi si è persa la memoria di che cosa fosse e quanto dividesse l’intero mondo la guerra del Vietnam, che sarebbe stata chiusa dal detestato Richard Nixon, il presidente repubblicano costretto alle dimissioni per lo scandalo Watergate. L’Europa, la sinistra italiana e in particolare Walter Veltroni che giocò la carta del “Kennedy italiano”, aveva puntato tutte le fiches sul riformismo kennediano e per un lungo periodo l’immagine dei due fratelli assassinati fu collegata con quella dei due Gracchi nella storia romana.

Fu poi la volta dell’eroe di guerra e storico accademico George McGovern (pilota di bombardieri B-24 Liberator sulla Germania) che prese il posto dell’assassinato Bob Kennedy nel 1968 e poi combatté contro Nixon perdendo, poi in Senato fu il campione della nuova politica “Food for Peace”, cibo per la pace, sempre perdendo e sempre frustrando lo spirito delle sinistre riformiste europee rimaste senza eroi di riferimento e che attingevano ormai a piene mani dalla caotica ma generosa fucina americana. Ma la fucina americana non fu in grado di sfornare nulla sia pur vagamente “di sinistra” fino all’arrivo della coppia formata da Bill e Hillary Clinton, entrambi provenienti dal più sperduto e depresso angolo degli Stati Uniti: Little Rock, Arkansas (da pronunciare rigorosamente Arkansò) dove formarono un team familiare e politico.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.