Dei braccialetti elettronici nemmeno l’ombra. Per non parlare dei magistrati di sorveglianza, ancora impegnati nell’analisi delle relazioni comportamentali. Il risultato? Dei 500 detenuti in Campania che hanno diritto alla detenzione domiciliare, soltanto 14 ne hanno finora beneficiato. La misura contenuta nel decreto legge varato dal governo due settimane fa stenta a decollare in un momento in cui, tra l’altro, quattro agenti di polizia penitenziaria risultano positivi al Coronavirus e l’amministrazione penitenziaria avvia uno uno screening sanitario su detenuti e personale.

Il punto della situazione è stato fatto ieri, nel corso di una videoconferenza alla quale hanno partecipato il capo dell’amministrazione penitenziaria e i provveditori regionali. Il meccanismo attivato dal governo per svuotare le carceri ed evitare che si trasformino in pericolosi focolai sembra non funzionare. Non solo in Campania, ma in tutta Italia. Il motivo? Innanzitutto il ritardo nella fornitura di braccialetti elettronici, necessari per monitorare i detenuti che dovrebbero scontare ancora tra i sei e i 18 mesi di reclusione e per i quali si prevede ora la detenzione domiciliare. Quelli che finora sono riusciti ad abbandonare le celle per scontare la pena a casa, infatti, sono soggetti che avrebbero dovuto trascorrere meno di sei mesi in carcere: per questi il decreto legge non prevede il braccialetto. E poi c’è la questione della magistratura: in molti casi la Sorveglianza sta passando al setaccio le relazioni comportamentali relative ai candidati alla detenzione domiciliare, il che comporta un ulteriore allungamento dei tempi.

Una nota positiva, tuttavia, c’è. Il Coronavirus, infatti, sembra aver invertito il trend che, negli ultimi anni, ha trasformato le prigioni in vergognosi carnai. “In Campania – spiega Antonio Fullone, provveditore dell’amministrazione penitenziaria – la popolazione carceraria è scesa da 7mila e 400 unità a meno di 6mila e 900. Basti pensare che a Poggioreale contiamo attualmente mille e 900 detenuti, il dato più basso mai registrato negli ultimi cinque anni”. Il motivo è presto detto: si arresta di meno e le misure che portano alla scarcerazione dei detenuti sono valutate e applicate in modo più benevolo.

“Il risultato sono prigioni meno affollate e quindi più vivibili”, spiega Fullone che negli istituti penitenziari sta individuando spazi vuoti da destinare all’isolamento di eventuali detenuti contagiati dal virus. Il timore c’è, anche perché tre agenti di polizia penitenziaria in servizio a Secondigliano sono risultati positivi al Covid-19. A questi se ne aggiunge un altro a Carinola. Ecco perché, nelle prossime ore, saranno avviati test sierologici su 12mila e 500 persone tra detenuti e personale. Obiettivo: monitorare le condizioni di salute della popolazione carceraria per evitare che quest’ultima sia decimata dal Coronavirus.

 

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.