«Ho proposto di introdurre una restrizione temporanea per tutti i viaggi non essenziali verso l’Unione europea. La restrizione durerà trenta giorni, da prolungare se necessario». Sono le quattro e venti del pomeriggio quando la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dopo una videoconferenza con i leader del G7, annuncia lo stop ai viaggi verso l’Europa. Una misura necessaria per «non appesantire ulteriormente i sistemi sanitari» degli Stati membri, già messi a dura prova dal contagio da Covid-19. La Commissione fa sapere pure che le restrizioni non riguarderanno i cittadini della Gran Bretagna.

A chiudere i ponti aerei con l’Europa, nel timore di subire l’invasione di migliaia di contagiati, aveva cominciato Donald Trump pochi giorni fa. La notizia ci aveva molto offesi, ma ora le cose sono perfino peggiorate. Non solo perché l’America applica da ieri la stessa decisione ai passeggeri in arrivo da Irlanda e Regno Unito, inizialmente favoriti dal primo bando della Casa Bianca. Ma soprattutto perché si moltiplicano le barriere tra gli stessi Stati europei, mettendo in crisi il sistema di Schengen, pilastro della libera circolazione delle persone tra i Paesi comunitari.

La prima a chiudere le porte all’Italia, con la sospensione di tutti i collegamenti aerei e ferroviari, è stata l’Austria. Anche la Germania ha deciso di reintrodurre da ieri i controlli alle frontiere con Francia, Lussemburgo, Austria, Svizzera e Danimarca per limitare gli ingressi. Misure temporanee certo, ma destinate a restare in vigore «per tutto il tempo necessario», spiega il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer: la protezione della salute delle persone «è più importante di ogni altra cosa», accordo di Schengen compreso. Altri Stati dell’Europa orientale – Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia – hanno deliberato la chiusura quasi totale delle frontiere. Nel momento in cui scriviamo, la Francia non ha ancora deciso di sospendere l’ingresso ai cittadini europei, ma già chiede misure di quarantena a quelli provenienti dai Paesi più colpiti dal virus: Italia, Iran, Cina e Corea del Sud.

Di fronte al moltiplicarsi di misure unilaterali, i vertici delle istituzioni europee e dei Paesi di testa dell’Unione cercano di creare delle condizioni minime di coordinamento tra i diversi Stati membri. In un tweet di ieri mattina il presidente francese Macron aveva scritto: «Coordinamento europeo questa mattina con Ursula von der Leyen, Charles Michel e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Noi lavoriamo tra europei. Decisioni impegnative nelle prossime ore». Nel corso della conferenza stampa di ieri, Ursula von der Leyen, ricordando che «gli Stati membri hanno preso forti misure per allentare il diffondersi del virus», ha aggiunto che «queste misure sono efficaci solo quando sono coordinate. Per questo motivo oggi abbiamo presentato delle linee guida per coordinare le misure alle frontiere». Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha annunciato per oggi una videoconferenza con i capi di Stato e di governo Ue, al fine di coordinare la risposta alla crisi attuale in termini economici e sanitari.

Le autorità di Bruxelles e i principali leader europei tentano quindi di riprendere il controllo sulla situazione, in un momento in cui l’unità dell’Ue sembra sempre più fragile. Per ora, come dimostrano anche le scelte in materia sanitaria dei singoli Paesi, ognuno va per contro proprio. Perfino nel censimento dei decessi. «Una cosa in anticipo si poteva fare, e a questo avrebbe dovuto pensarci l’Europa: far arrivare a tutti gli Stati membri delle linee guida armonizzate per la registrazione dei casi», ha detto, per esempio, la virologa italiana Ilaria Capua, biasimando i ritardi dell’Europa sulla redazione unitaria dei protocolli clinici.

La rinnovata iniziativa della Commissione europea di queste ore è volta così a recuperare le condizioni minime per un’azione unitaria. «Le nostre misure per contenere l’epidemia di Coronavirus – ha chiarito la von der Leyen a margine della conferenza stampa di ieri sul blocco dei viaggi – saranno efficaci solo se ci coordiniamo a livello europeo. Dobbiamo adottare misure eccezionali per proteggere la salute dei nostri cittadini. Ma dobbiamo anche assicurare corsie rapide, preferenziali, per il trasporto di medicinali ed equipaggiamenti medici, cibo e servizi essenziali». È evidente che qui non si tratta più solo di economia. «Il nostro mercato unico è uno strumento chiave della solidarietà europea. Sto discutendo con tutti gli Stati membri in modo da affrontare questa sfida insieme, come Unione», ha concluso von der Leyen.

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