Domenica il papa ha parlato della necessità di fermare i trafficanti di esseri umani. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e poi, al seguito, tutti i giornali di destra – che raramente, in tempi recenti, avevano dato gran peso alle parole del papa, anzi l’avevano direttamente criticato – si son gettati a capofitto per non farsi sfuggire l’occasione. “Faccio mie le parole del papa” ha detto la Presidente del Consiglio, poi l’ha detto anche Salvini. I quali hanno tradotto la frase pronunciata dal papa in un puro e semplice avallo della tesi secondo la quale le colpe per l’ecatombe di Cutro sono da addossare esclusivamente agli scafisti e a nessun altro.

Evidentemente, quando si parla di traffico di esseri umani non si parla solo di chi guida i gommoni. Forse non è traffico di esseri umani pagare in soldoni uno Stato autoritario, perché impedisca ai migranti di salire sui gommoni e di viaggiare verso l’Italia, imprigionandoli nei campi di concentramento? Ieri comunque il papa ha affidato a monsignor Parolin, segretario di Stato, il suo pensiero, perché probabilmente ha sentito il bisogno di precisare, e di non essere strumentalizzato. Ha detto che il primo problema è l’accoglienza. Proprio così: l’accoglienza, non i respingimenti cari a Salvini né i blocchi navali immaginati dalla Meloni. Parolin ha detto che il papa, come qualunque persona di buon senso, pensa che bisogna fermare gli scafisti, ma anche che, evidentemente, non ci si può limitare a combattere gli scafisti. “La priorità – ha detto – è salvare vite umane, non permettere che ci siano vite umane distrutte, questo è la base di tutto, la politica deve partire da questa base: difendere le vite umane”.

Il problema di questi giorni è esattamente questo: a Cutro, cosa si è fatto per difendere le vite umane? Sicuramente era tecnicamente possibile salvare tutti i naufraghi: perché invece ci sono 100 morti? Giorgia Meloni sembra disposta a riconoscere che ci sono stati degli errori, ma non a mollare i suoi ministri (e cioè Piantedosi e Salvini) perché pensa che una scelta di rottura creerebbe instabilità al governo. Perciò ha deciso la contromossa: consiglio dei ministri a Cutro. Se questo passo di lato servirà a cambiare radicalmente la politica del governo su migrazioni e naufraghi, e a chiudere l’epoca dei respingimenti e del salvinismo, ben venga. Una svolta “accoglientista” vale molto più della testa di due ministri pasticcioni. Purché non sia invece solo una kermesse.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.