Ieri sull’Ucraina intera la pioggia ha segnato la giornata. Sono piovute anche le bombe, con i batterie di missili lanciati ancora su Karkiv e con gli allarmi risuonati quasi ovunque. Il campo minato più temuto è in cielo. Alle 4,30 del mattino la sveglia con le sirene, gli alert sui cellulari. Un’altra alba di angoscia, un altro bilancio di morte.
Nella notte le truppe russe hanno sparato razzi su Kharkiv, Toretsk e Sloviansk, e al mattino hanno lanciato un massiccio attacco missilistico su Mykolaiv, dove due strutture mediche ed edifici residenziali sono stati colpiti. Mentre sale a 36 il bilancio delle vittime dell’attacco missilistico russo a un edificio residenziale lo scorso fine settimane nella città di Chasiv Yar, nella regione di Donetsk.

Il triste computo è in capo a Viktor Vitovetskyi, direttore del Dipartimento per le misure di protezione civile. “I lavori di smantellamento delle macerie a Chasiv Yar si stanno concludendo e sono in corso. L’attacco ha ucciso 36 persone, tra cui un bambino”. Tuttavia l’esercito di Kiev non indietreggia. E negli scontri portati a termine ieri nella zona di Kherson si registra da parte delle truppe ucraine un affondo significativo: è rimasto vittima delle operazioni il generale Artem Nasbulin, capo di stato maggiore del 22° corpo d’armata delle forze armate russe. Una vittima eccellente rimasta colpita dall’attacco missilistico condotto dagli ucraini contro un posto di comando mobile a Tavriis’k, nell’oblast di Kherson. Da Italia e Francia sono giunti a Kiev nuovi obici. Dalla Danimarca i missili anti-nave. E dagli Stati Uniti una importante quantità di Himars, un sistema di artiglieria lanciarazzi veloce da spostare e precisissima nella mira, con coordinate delle postazioni nemiche da abbattere che vengono fotografate dai droni, confermate dai satelliti e fissate nel cruscotto di lancio.

Un sistema che rende pressocché impossibile per i russi difendersi e che infatti sta facendo registrare in pochi giorni quello che gli analisti militari definiscono “uno stravolgimento di fronte”. Notizie che vengono commentate in tempo reale dai manifestanti per la pace italiani a Kiev riuniti nel progetto MEAN. E però a quanto risulta al Riformista, c’è un’ombra: se Zelensky raccomanda la veloce evacuazione di un milione di civili dal Donbass, nella regione non ci sarebbero abbastanza volontari per metterla in atto. Le operazioni militari pressano, il rischio per la popolazione aumenta. Ma mancano i mezzi per portare via tutti, specialmente gli anziani e i malati che hanno bisogno di automediche o di autoambulanze. Ne starebbe nascendo un indicibile business, con evacuazioni a pagamento che starebbero raggiungendo cifre elevate, troppo impegnative per almeno settecentomila persone in stato di necessità.

Marjia Todorovic, della Caritas di Genova, si indigna. “Non si può accettare. Chi è in pericolo di vita non può essere taglieggiato, ma accompagnato con ogni cura e garantito nella sua incolumità e sicurezza. Nelle guerre non devono esistere ricchi e poveri”. Il coordinatore del MEAN, Angelo Moretti ha concluso i lavori con soddisfazione: “Possiamo dire di aver steso un primo tappeto diplomatico innovativo tra società civile italiana e ucraina su cui si potrà costruire un processo di partecipazione alle richieste che faremo insieme, rivolte all’Ue e alla società civile europea perché sostenga la pacificazione con la presenza fisica e non solo con l’invio delle armi”.

La loro ultima giornata è stata segnata dai gruppi di lavoro che hanno tradotto in progetti e in memorandum di intesa siglati con le istituzioni, le associazioni del terzo settore, gli enti religiosi e le università ucraine. “Il turismo congressuale medico-sanitario, ad esempio, deve puntare su Leopoli e Kiev, ma anche gli imprenditori e i manager degli altri settori devono mettere nelle loro agende un soggiorno business in Ucraina”, ha per esempio messo nero su bianco Emanuela Girardi, presidente di Base Italia e coordinatrice del gruppo di lavoro sul turismo. Cooperazione, gemellaggi, intese tra Comuni, tra istituzioni religiose: gli incontri che erano partiti per parlare di nonviolenza hanno già compiuto la loro maturazione, hanno portato a individuare tutto quello che può rimettere, appena sarà firmata la pace, l’Europa al centro di questa sua nuova, grande estensione.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.