«Con il Coronavirus in declino per Conte adesso torna il solito logorio della vita moderna». Questa battuta di un noto parlamentare del Partito Democratico al Riformista sintetizza il quadro: retrocede il virus e ritorna la politica, con i suoi dolori. Il premier Giuseppe Conte ha dovuto dire addio alla serie tv di questa pandemia, “Il Decreto”, del quale era unico protagonista con i suoi Dpcm. Lo aspettano nuovamente i suoi alleati di governo, le loro trame.

L’esecutivo ha ufficializzato il sospirato Dl Rilancio, del quale ancora si sconosce il testo, con i suoi 55 miliardi destinati alla ripartenza dell’Italia. Ma il suo battesimo non è stata una festa condivisa, lo rivelano i dettagli.

Prendiamo le lacrime di gioia della ministra renziana all’Agricoltura Teresa Bellanova che con la (parziale) regolarizzazione dei migranti ha ripensato alla sua vita nei campi e gridato: «Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili, lo Stato è più forte del caporalato». Lo stesso entusiasmo non è stato condiviso dagli alleati del Movimento 5 stelle, apparsi prima ostili rispetto alla regolarizzazione e poi più passivi che favorevoli. Alla base c’è il solito travaglio interno al partito pentastellato, rilanciato con forza dalla crisi del Coronavirus. Nel Movimento adesso in tanti contestano il reggente Vito Crimi, giudicato privo di carisma e succube dell’esecutivo, e anche Conte, visto ormai come “amico del Pd”, nel rimpianto dei tempi di Luigi Di Maio leader e perfino l’alleanza con la Lega.

C’è chi dice che l’ex capo politico stia tornando in pista, per spostare a destra la linea del M5s, destabilizzando l’esecutivo. Certamente tra i grillini sono tornate le correnti. Una di queste, con Alessandro Di Battista e l’espulso Gianluigi Paragone come leader spirituali e ampio consenso nella base, ha pure espresso malcontento per la regolarizzazione dei migranti. Portavoce del disagio è stato l’europarlamentare Ignazio Corrao: «Non c’è niente da festeggiare». Con buona pace della Bellanova. E non rasserena l’atmosfera il burocratese del reggente Crimi, interessato più a smentire che si tratti di una “sanatoria per i migranti”. Il silenzio di Di Battista e il post polemico di Paragone -“prima di regolarizzare gli immigrati pensiamo a dare lavoro a chi ha il reddito di cittadinanza”- fanno il resto.

Probabilmente il Movimento farà pesare questo sofferto sì al prossimo tavolo, ma intanto deve guardarsi da Italia Viva e dal voto di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, previsto in Senato il 20 maggio. Il Guardasigilli, contestato per la legge sulla prescrizione prima del Coronavirus, è travolto dalle polemiche sui 498 detenuti in alta sicurezza scarcerati e dallo scontro, tutto interno al fronte giustizialista, con il Pm Nino Di Matteo sulla mancata nomina al Dap. «Se tutto il centrodestra voterà contro Bonafede, noi renziani saremo decisivi per la sua conferma o caduta», ci tiene a rimarcare al Riformista un big di Italia Viva.

E cosa farete? «Tutto è possibile, anche la sfiducia al Guardasigilli. D’altronde noi lo contestavamo già sulla prescrizione». È possibile che la paventata sfiducia a Bonafede da parte dei renziani sia un mezzo, una pistola messa sul tavolo, per trattare con il Movimento da una posizione di forza durante i prossimi summit di governo. Da svariate fonti abbiamo appreso che Italia Viva non è del tutto soddisfatta dal Dl Rilancio e voglia riprendere a pressare Conte e il Pd sul piano “Shock Italia” da 120 miliardi destinati alle infrastrutture, proposta simbolo di Matteo Renzi. I parlamentari vicini all’ex Rottamatore lamentano di non essere stati ascoltati a proposito del “Modello Genova” e che l’ultimo decreto non rinnova affatto il sistema dei cantieri, ancora ostaggio di burocrazia e norme vecchie.

Il sospetto dei renziani è che l’attuale premier, di concerto con il Pd, abbia fatto finta di dimenticare le proposte di Italia Viva per poi lanciare un “suo” piano “Shock Italia” e prendersi i meriti, isolando gli scomodi alleati. Per questo serve sbandierare la sfiducia a Bonafede, stressando Conte e il Movimento 5 stelle. Per contare nel tavolo del governo. D’altronde da questo esecutivo i renziani non sembrano voler uscire, al netto dei numerosi ultimatum. Infatti ci risulta che ieri Matteo Renzi ha incontrato le “sue” ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, rilanciando la permanenza nel governo e chiudendo a qualsiasi ipotesi di rimpasto.