A Severino Nappi, consigliere regionale della Lega con un passato da assessore, non manca certo il coraggio. E, a quanto pare, questa virtù non dovrà difettare nemmeno al candidato sindaco del centrodestra. Di chiunque si tratti, l’aspirante primo cittadino di Napoli dovrà fare a meno, in caso di elezione, di quella legge speciale che molti ritengono indispensabile per amministrare una città soffocata da un disavanzo di circa due miliardi e 700 milioni. Il motivo l’ha spiegato proprio Nappi al Mattino: Napoli non ha bisogno di quel tipo di misura, che a suo dire «puzza di assistenzialismo», ma di «personalità capaci e credibili che sappiano spendere bene le risorse a disposizione». Parole che hanno suscitato la reazione sdegnata di Marco Sarracino, segretario metropolitano di quel Pd che da tempo sostiene la necessità di una legge a sostegno delle grandi città italiane sommerse dai debiti: «La Lega si conferma il partito che lavora contro gli interessi del Sud e dei napoletani».

A ben vedere, la presa di posizione di Nappi non sembra essere figlia di antimeridionalismo visto che, seppure faticosamente e con qualche incidente di percorso, la Lega ha superato lo storico pregiudizio negativo nei confronti del Sud. E sarebbe ridicolo tacciare di antimeridionalismo un politico nato a due passi da Napoli e con alle spalle un lungo impegno al servizio dell’istituzione regionale. Però il ragionamento di Nappi, apparentemente lineare e condivisibile, sembra incepparsi in due punti.

Primo: a prescindere dal giudizio di merito sulla legge salva-Napoli, non è realistico ritenere che le disastrate finanze di Palazzo San Giacomo possano essere risanate da un semplice amministratore capace. Perché, probabilmente, nemmeno uno statista del calibro di Alcide De Gasperi o di Bettino Craxi sarebbe in grado di colmare quella che, più di un buco, sembra una voragine nei conti pubblici. La legge speciale, dunque, è da scartare? Bene, ma a questo punto Nappi e la Lega indichino una strategia alternativa, questa sì seria e credibile. La dichiarazione di dissesto? Una sorta di “amministrazione controllata” come quella che, negli anni Ottanta, salvò New York dal crac? Qualsiasi cosa, ma non le solite affermazioni che puzzano non di assistenzialismo ma di benaltrismo.

Seconda contraddizione: Nappi parla di «personalità credibili e capaci» e, subito dopo, fa il nome del pm Catello Maresca, da tempo indicato come il probabile candidato sindaco del centrodestra. Nulla da obiettare sulla caratura del personaggio, per carità. A questo punto, però, Maresca dovrebbe fare immediatamente chiarezza sul suo possibile futuro in politica e indicare la strategia che intende mettere in campo per risanare le finanze e garantire ai napoletani servizi degni di questo nome. Inutile dire che, al momento, di tutto ciò non vi è traccia. Ragion per cui le parole di Nappi finiscono per trasudare una retorica uguale e contraria a quella di chi in dieci anni ha devastato Napoli, salvo presentarla al mondo come un modello politico e amministrativo, e di chi adesso si sbraccia per ottenere una legge speciale, senza però chiarirne in modo esatto tempi e contenuti.

Insomma, dopo aver sfidato gli altri partiti Nappi e la Lega farebbero bene a circostanziare le proposte sui temi cruciali per il destino della città. Lo stesso vale per Bassolino, Clemente e gli altri candidati veri o presunti. Perché, se è vero che l’assistenzialismo fa male, la demagogia può fare ancora peggio.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.