Quanti pasticci sotto questo sole, quanta confusione e quanta inadeguatezza di chi ricopre posizioni fondamentali a livello globale. Bisognerebbe premere il tasto rewind e ricominciare da capo. Partiamo dall’Europa, lenta e vile come nella sua migliore tradizione. I gravi ritardi nell’avviare un coordinamento sanitario e le parole fuori luogo della Lagarde sullo spread (peraltro ieri ai massimi degli ultimi otto anni), che hanno fatto precipitare l’autorevolezza della Bce.

Tutti infatti hanno capito che la Banca Centrale è una succursale del ministero dell’Economia tedesco, e questo non va bene. Poi: Commissione Europea ed Eurogruppo che non riescono a prendere decisioni nei tempi necessari, quando i tempi stringono e un giorno in più o in meno possono fare la differenza per migliaia di imprese, e quindi per milioni di famiglie.

Il governo italiano, su cui grava come un tatuaggio indelebile il ben noto indebitamento, non è riuscito a sensibilizzare gli altri 25 su quanto sia urgente rivoluzionare il paradigma che ha tenuto finora in piedi la fragilissima architettura dell’Unione. Le regole vanno proprio rifatte. Ok la sospensione del patto di stabilità e le nuove regole per gli aiuti di stato, ma il fondo da 37 miliardi di euro è una goccia nel mare e soprattutto bisogna mettere mano al Mes e ai suoi 410 miliardi di euro e “liberarlo” a favore dei Paesi in difficoltà. E anche se il nome non è invitante bisognerebbe mettere in moto dei “Coronavirus bond” che consentano di immettere soldi sul mercato, come chiede Forza Italia da settimane.

Ma qui casca l’asino. Chiunque frequenti le istituzioni comunitarie, governative o parlamentari che siano, sa perfettamente che non esiste una vera Unione europea perché ne esistono troppe, molte delle quali parecchio -e legittimamente, direbbe qualcuno – egoiste. Abbiamo già denunciato l’egoismo che le nazioni europee hanno mostrato nelle prime settimane di diffusione del Covid-19 in Italia. Una vera idiozia il fatto che qualcuno abbia potuto pensare che il virus restasse un problema italiano, ma tant’è.

Così è stato trattato in giornate cruciali, arrivando al punto di bloccare l’arrivo in Italia di mascherine e altro materiale sanitario regolarmente pagati dal nostro governo. E così si è perso tempo prezioso per tutta l’Europa, facilitando fra l’altro le condizioni per cui l’Italia fosse spinta ad affidarsi al buon cuore dei cinesi per avere aiuti che dai Paesi vicini non arrivavano.

Come se ce ne fosse bisogno, come se il governo giallorosso non fosse già abbastanza voglioso di mettersi in braccio alla Cina. Ma non è solo questione di egoismi nazionali. L’Europa è proprio sezionata in due, e quella frattura non si salda. C’è un’Europa del nord – molto sicura di sé e del proprio rigore, del rispetto delle regole, e con una visione dello Stato precisa sul ruolo di quest’ultimo rispetto ai cittadini che grossolanamente può definirsi socialista, e un’Europa del sud certamente più insofferente alle regole, più indisciplinata ma anche più flessibile e creativa e con un’altra visione dello Stato che può definirsi liberale. L’Europa del nord è compatta, quella del sud dispersiva, perché non riesce a non dare più valore al singolo anziché allo Stato. In mezzo, la Germania, attorno alla cui potenza economica si accoccolano i Paesi del Nord mentre quelli del Sud, seppur obtorto collo, non possono non farvi riferimento.