Povertà educativa. Dispersione scolastica. Devianza minorile. Quante volte abbiamo detto, tutti, che la cultura è l’unica arma per piegare un coltellino di metallo? Eppure, di fronte a certi numeri e a certe storie, la speranza evapora, si perde tra i vicoli di Materdei insieme con quei ragazzini che a scuola non ci vanno più. E si perdono. E spesso li ritroviamo dietro le sbarre delle carceri minorili. Nell’ultimo anno in Campania sono stati 6.000 i minori finiti nelle maglie della giustizia minorile.
E ne perdiamo tanti di ragazzini perché anche quando si tenta di salvarli, di intervenire prima che sia troppo tardi c’è chi risponde di no.

«Già due anni fa avevo chiesto al Miur di poter fare il tempo pieno, cioè di far rimanere i bimbi a scuola fino alle 16,00 -racconta Assunta Monaco, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Fava-Gioia di Martedei – Quest’anno già venti famiglie ci hanno chiesto di tenere i figli anche nel pomeriggio. Fino a due giorni fa il tempo pieno compariva sul sito predisposto e invece ora è sparito. Pare quindi che neanche quest’anno potremo farlo». Il “No” del Miur è una porta in faccia. Vuol dire privare dei bambini a rischio di poter rimanere a scuola. Questo accade in un quartiere considerato “difficile” e in una regione, la Campania che è la seconda in Italia per numero di ragazzi che hanno lasciato precocemente la scuola.

«Il tempo pieno è importantissimo per una zona come la nostra ad alta povertà educativa. Sono le famiglie che ce l’hanno chiesto e per noi è un traguardo enorme il fatto che i genitori si siano convinti a farli rimanere a scuola. Vuol dire che le famiglie hanno iniziato a credere nella scuola – spiega la dirigente – E vuol dire offrire ai bambini un tempo scuola più lungo. Io ho incentivato molto i genitori, loro si sono convinti e per me è una sconfitta dovergli dire che non potremo farlo. Io sono molto preoccupata. Forse il Ministero ci avrebbe dovuto dire prima che non avremmo potuto fare il tempo pieno. È un mancato patto con le famiglie che si erano convinte a mandare i bimbi a scuola pure il pomeriggio. La scuola offre cose che dentro casa questi ragazzini non trovano». Dall’ufficio regionale, estensione del Miur, però non hanno nemmeno motivato la risposta negativa. Non hanno fornito alcuna motivazione alla dirigente scolastica. Sarebbe invece importante capire le motivazioni del no a questa scuola che si trova in un quartiere complicato. La sede principale dell’istituto comprensivo Fava-Gioia infatti trova nel quartiere Materdei ma ha cinque succursali e quindi si estende fino al quartiere Sanità. Contempla la scuola dell’infanzia, quella primaria e la secondaria di primo grado. Più di 1.000 alunni.

«Parliamo di bambini che vengono da famiglie, non in modo uguale in tutti i quartieri, con un livello culturale medio basso – racconta Monaco – Nel quartiere Sanità la situazione è più grave che altrove. Ci sono tassi elevati di abbandono scolastico in tutte le sedi dell’istituto, ovviamente tra i ragazzini più grandi il fenomeno è più frequente. Siamo continuamente in collegamento con gli assistenti sociali e con le associazioni del terzo settore che ci aiutano a non perdere questi bambini. La povertà educativa è molto presente e ci sono tanti ragazzi a rischio». Ma anche gli assistenti sociali fanno quel che possono, si richiede l’intervento del tribunale dei minori solo quando la situazione è veramente grave ma se non mandano i figli a scuola purtroppo più di qualche incontro per cercare di convincerli, non si può fare. «Noi lottiamo duramente contro i genitori per riportare i ragazzini a scuola perché per queste famiglie la scuola è un fastidio – conclude la dirigente – E andrebbe cambiata la legge e le sanzioni. Non mandare i figli a scuola è un reato ma i genitori vengono sanzionati con una multa di 30 euro. E questo è tutto».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.