Sembrano così diversi, così distanti, così contrapposti. Invece i candidati sindaci e le loro rispettive coalizioni sono molto più simili di quanto si pensi. Il motivo? Semplice: cadono tutti in contraddizione, più o meno sistematicamente. Soprattutto quando divampa la polemica sul rifiuto di partecipare ai dibattiti elettorali.

Di Gaetano Manfredi si è detto abbondantemente. È paradossale che l’ex rettore e ministro dell’università, per eccellenza luogo del confronto tra idee e della contaminazione tra culture, si sottragga al dibattito con gli altri tre aspiranti sindaci di Napoli. La motivazione ufficiale è la mancanza di un clima sereno, quella reale risponde a una vecchia regola della comunicazione politica: mai trasferire la propria visibilità agli avversari quando si è in vantaggio, più o meno netto, nei sondaggi. È la stessa strategia seguita da Clemente Mastella che, dopo cinque anni da sindaco di Benevento, punta ora a essere confermato e di confrontarsi pubblicamente con gli avversari non vuole proprio sapere.

Qualcuno si chiederà: embè, dove sta la contraddizione? Tranquilli, la contraddizione c’è, si trova a Milano e si chiama Beppe Sala: anche lui candidato del centrosinistra, anche lui quasi certo della vittoria già al primo turno, ma per nulla restìo al confronto. Nel capoluogo lombardo il dibattito tra aspiranti primi cittadini si terrà tra qualche giorno e Sala ha già fatto sapere di essere pronto, anzi addirittura contento. Insomma, il centrosinistra (a cominciare dal Pd) che si affanna a difendere il “gran rifiuto” opposto da Manfredi al Mattino prima e all’Unione Industriali poi, dovrebbe fare un po’ di autocritica per evitare di cadere in contraddizione. Come al solito, però, se Sparta piange Atene non ride. E così anche nel centrodestra si scatena la fiera dell’ipocrisia.

Sono giorni che Catello Maresca, candidato del centrodestra alla guida del Comune di Napoli, si scaglia contro Manfredi accusandolo di sottrarsi sistematicamente al confronto. Per carità, il pm con ambizioni da sindaco avrà pure ragione. Ma come la mettiamo con Enrico Michetti, candidato sindaco di Roma per il centrodestra che, dopo un primo confronto con gli sfidanti, si è dato alla macchia denunciando un «clima da rissa»? Dato in vantaggio, sebbene non particolarmente netto, sugli avversari, Michetti ha deciso di disertare i faccia a faccia che si stanno svolgendo nella Capitale. Tanto da esporsi alle ironie di Carlo Calenda e di Virginia Raggi: «Potremmo fondare il comitato “Trovateci Michetti”», ha detto il candidato di Azione; «Chiamiamo “Chi l’ha visto?”», ha aggiunto la sindaca uscente. Perché, dunque, Maresca attacca Manfredi quando il primo a sottrarsi ai dibattiti è un altro candidato sindaco della sua stessa coalizione?

Tra centrodestra e centrosinistra, quindi, è una vera e propria gara di ipocrisia. E in mezzo chi c’è? Ovvio, gli elettori: milioni di persone che vorrebbero capirci qualcosa in più di programmi, risanamento dei conti comunali, rafforzamento dei servizi a cittadini e imprese, rilancio del turismo, lotta alla criminalità e altri temi strategici. E che, a quanto pare,  sono destinati ad assistere alle farse messe in scena dalla classe politica più pavida, più inconcludente e più ipocrita che non solo Napoli, ma tutta l’Italia abbia mai conosciuto. Almeno fino a ottobre.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.